di Selena Di Francescantonio
Nell’Ottobre dello scorso 2012 vide la luce, per la Dalai Editore, il libro Il Viaggio di Vittorio di Egidia Beretta Arrigoni.
Il modo migliore per capire e comprendere il contenuto di questo libro, forse, sarebbe assistere ad uno dei tantissimi incontri di presentazione cui puntualmente e con il coraggio e la caparbietà di una combattente, partecipa sempre la signora Egidia Beretta, madre del compianto Vittorio Arrigoni, volontario e attivista dell’ISM (International Solidarity Movement) a Gaza, barbaramente assassinato nell’Aprile 2011 per mano di un gruppuscolo di terroristi jihadisti salafiti (in seguito definiti da Hamas come una “cellula impazzita e fuori controllo”) in circostanze che, però, gettano non poche ombre sulla presunta estraneità di Israele all’uccisione di uno dei suoi nemici giurati.
Vittorio, infatti, finì sulla lista nera delle persone invise e sgradite allo stato di Israele, già nel 2005, all’epoca a sua insaputa.
Vittorio il pacifista, Vittorio, la voce di Gaza.
Vittorio che tramite il suo blog Guerrilla Radio è stato il solo a tenere informato il mondo di ciò che accadeva all’interno della Striscia, dove si trovava, descrivendo gli orrori dei bombardamenti, dei corpi maciullati e dilaniati –tantissimi bambini e civili- che vedeva negli ospedali e a bordo delle ambulanze della Mezzaluna Rossa durante l’operazione Piombo Fuso, la sanguinosa e criminale offensiva israeliana contro la Striscia di Gaza, protrattasi dal 27 Dicembre 2008 al18 Gennaio 2009, una carneficina che costò alla popolazione palestinese oltre 1300 morti e più di 20mila case danneggiate; Vittorio l’attivista che con la sua casacca di riconoscimento accompagnava ed aiutava, assieme agli altri volontari stranieri, i pescatori palestinesi in mare, fungendo da garante internazionale contro le aggressioni e le intimidazioni della Marina Militare Israeliana; Vittorio la voce degli ultimi e la speranza degli oppressi relegati in quelle terre di cui “Dio sembra essersi scordato”; quel ragazzo dagli occhi buoni, con la pipa in bocca come segno distintivo e che si era fatto tatuare la parola araba “almukawana” (Resistenza) su quelle stesse possenti braccia che ogni giorno metteva al servizio degli altri e che non si stancavano mai di sollevare ed abbracciare i bambini, in tutte le terre che visitava… Vittorio che sapeva donare ai ragazzini di Gaza sempre un sorriso anche nei momenti peggiori e più feroci dell’occupazione israeliana, dote naturale che gli valse l’omaggio artistico dalla matita del brasiliano Carlos Latuff che, come si può vedere anche in quarta di copertina, lo unì in un disegno assieme ad Handala , il bimbo palestinese (ideato da Naji Ali) che dà le spalle al mondo perché il mondo le ha voltate a lui e alla sua gente e che, invece, viene disegnato mano nella mano con Vittorio, mentre alza l’altra in segno di vittoria, di pace e di speranza.
Ma non è solo questo: attraverso tutto il libro sua madre ci racconta di un Vittorio nato per dedicarsi agli altri. Egidia Beretta ripercorre assieme al lettore tutta la vita del figlio, dalle scuole elementari sino all’attivismo in Palestina, passando attraverso le numerose altre esperienze di Vittorio tra le situazioni più drammatiche e problematiche, sviluppando gradualmente, tramite l’attività di lavoro di volontariato, la propria umanità e sensibilità, in un cammino preparatorio volto alla ricerca della verità, della giustizia e della difesa dei diritti umani, cammino che, nel 2002, l’avrebbe condotto per la prima volta in Palestina: Perù, Croazia, Ucraina, Belgio vallone, Austria, Romania, Togo, Polonia, Russia, Tanzania, Estonia e Congo (dove si recò come osservatore dell’ONU per le elezioni del 2006); sono moltissime le lettere e le testimonianze che Egidia riporta nel libro in merito anche a queste precedenti e significative esperienze, raccontando talvolta con singolari aneddoti, più spesso direttamente attingendo dalle parole del figlio e di chi condivideva con lui questi momenti, che persona fosse lui, quali gli ideali, i pensieri, le aspirazioni, il valore, quanto e in che modo avesse, col proprio operato, assorbito e fatto suo l’intramontabile monito di Che Guevara: “siate capaci di sentire nel profondo qualsiasi ingiustizia, commessa contro chiunque, in qualsiasi parte del mondo”.
Un viaggio dunque, il viaggio di Vittorio.
Lui, che si firmava “Vik Utopia” e che concludeva ogni intervento sul blog di Guerrilla Radio con quello che sarebbe diventato il suo motto, essenziale riassunto delle sue aspirazioni e della sua denunzia: Restiamo Umani.
La scrittura fluida, la descrizione accuratamente circostanziata, le testimonianze fotografiche che accompagnano le parole e lo stile fermo, che raramente indugia nel sentimentale (nonostante l’autrice resti una madre che ha patito l’assenza di un figlio votato totalmente ad aiutare gli oppressi, che ha seguito fino a dove ha incontrato la morte) e non sfocia mai nell’encomio fine a se stesso, rendono questo libro un tassello importante per il ricordo di questo nostro grande connazionale e tanto più per la conoscenza, scevra da censura e priva dei soliti filtri impostici dalla stampa, della drammatica situazione del popolo palestinese, soggiogato dalle politiche inumane e criminali di Israele, nell’acquiescenza della comunità internazionale. Soprattutto se accompagnato, inoltre, dalla lettura del libro “Gaza. Restiamo Umani” edito da il Manifestolibri nel 2011 (con la postfazione di Ilan Pappe), in cui sono raccolti e pubblicati gli interventi di Vittorio Arrigoni lasciati sul suo blog all’inizio del 2009, nel pieno della crisi di Piombo Fuso.
Egidia Beretta pone l’accento sullo speciale rapporto che ebbe per tutta la vita col figlio. Ci mostra, tramite la propria esperienza, come le radici di questa “vocazione umanitaria” lui le avesse trovate già in casa, a Bulciago, nel lecchese, il comune in cui risiede la famiglia Arrigoni, una famiglia che – in controtendenza rispetto a ciò cui siamo abituati- scelse sempre di aprirsi agli altri e impegnarsi a beneficio della comunità, una famiglia in cui si respirava da sempre aria di solidarietà; anche se dovette accettare l’angoscia, assieme all’orgoglio, per la strada difficile e pericolosa intrapresa da Vittorio, per il quale i segni interiori lasciati dai viaggi diventarono un fardello a tratti insopportabile e al contempo una calamita che lo ricacciò sempre laggiù, al fianco degli oppressi, faccia a faccia coi cannoni.
Durante gli incontri di presentazione, Egidia parla di questo suo figlio con la voce rotta e gli occhi velati di lacrime, ma con la determinazione di madre e di combattente: “il dovere della testimonianza è più forte del riparo del silenzio”.
Nel 2009 divenne sindaco di Bulciago, il suo paese, e dal Febbraio 2013 è impegnata nella Fondazione “Vittorio Arrigoni- Vik Utopia” che nello statuto si ripropone di “continuare la sua azione disinteressata d’impegno civile a servizio del bene comune, dei diritti umani e della giustizia”; dopo la sua elezione, come lei stessa riporta nel libro, il figlio, orgoglioso, le scrisse: “[…] portiamo avanti gli stessi valori umani e le istanze degli ultimi sebbene in longitudini differenti”.
Vittorio Arrigoni amava ripetere che la Palestina è anche fuori dall’uscio di casa. Ed è questo, in definitiva, il senso di questo libro e dell’impegno di sua madre nel passarci il testimone: non un elogio, non una mitizzazione…un ragazzo che non fu un eroe ma un uomo che credeva nei diritti umani e nella giustizia, uno come noi, ma non uno come tanti; un uomo che amava e “l’amore è la più bella qualità di un rivoluzionario”; un ragazzo semplice, che vide oltre l’agiatezza della propria fortuna e si svestì del proprio privilegio, per schierarsi e lottare con le parole e con l’amore, farsi portavoce di chi la voce non ce l’ha.
Informarsi, testimoniare, agire, indignarsi, esigere giustizia, avere il coraggio di guardare alla verità: Restare Umani.
“Faremo delle nostre vite poesie, fino a quando la libertà non verrà declamata
sopra le catene spezzate di tutti i popoli oppressi”.
(Vittorio Arrigoni)