L’Altra America, fra repressione e resistenza: intervista a Joe Iosbaker

intervista di Francesco Delledonne

su Liberazione – Giornale comunista, 20 gennaio 2014

1511715_10203353876986399_257375241_nDagli Stati Uniti siamo bombardati quotidianamente di notizie, dalle ultime novità cinematografiche fino alle ultime peripezie del cane del presidente. Poco si sa invece, coperto da un fitto strato di servilismo pseudo-giornalistico, del crescente disagio sociale negli Stati Uniti della crisi e della sempre più pesante repressione, nell’era del “democratico” Obama, ai danni di chi organizza la resistenza nel cuore stesso dell’Impero. Per questo pubblichiamo un’intervista esclusiva al compagno statunitense Joe Iosbaker, dirigente della Freedom Road Socialist Organization, organizzazione comunista in rapida crescita, e militante attivo nel movimento sindacale e contro la guerra e per questo vittima dell’ “attenzione” dell’Fbi.

Sei uno degli attivisti contro la guerra che nel 2010 furono soggetti ai raid dell’FBI. Gli Usa si presentano al mondo come i difensori della libertà e dei diritti umani: raccontaci della repressione subita dai movimenti progressisti di come state lottando contro di essa

Il 24 settembre del 2010 la casa in cui abitiamo io e mia moglie fu oggetto di un raid da parte di 25 agenti dell’FBi. Allo stesso tempo, altre sei abitazioni e l’ufficio del Comitato contro la Guerra di Minneapolis (Minnesota) subirono simili blitz. Ad ognuno di noi venne mostrato un mandato, e poi un mandato di comparizione davanti alla grand jury federale. Tutti dissero che eravamo indagati per aver cospirato a “fornire supporto materiale” a “organizzazioni terroristiche straniere” in Colombia e in Palestina, nello specifico le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina.


In totale, quattordici di noi vennero fatti comparire davanti alla grand jury. I nostri avvocati furono forniti dalla National Lawyers Guild, e ci informarono che una grand jury è uno strumento di accusa per il Procuratore degli Stati Uniti. Non è una giuria di tuoi pari, come descritta nella Costituzione. A differenza di un processo con la giuria, in questo caso non c’è alcun giudice. Davanti a una grand jury, non si ha nemmeno il diritto di avere il proprio avvocato presente. Il tuo avvocato non ha la possibilità di porre obiezioni ai membri della giuria. Gli indagati non hanno alcun diritto di presentare testimoni né di sottoporli a contro-interrogatorio. Infine, in una grand jury, non hai il diritto di rifiutarti di testimoniare contro te stesso. Il Procuratore ti può obbligare a testimoniare e, se ti rifiuti, puoi essere citato per oltraggio alla corte e arrestato per la durata della grand jury: fino a 18 mesi. Tutti e quattordici decidemmo di rifiutarci di testimoniare. In risposta, l’FBI mandò ad altre nove persone di Chicago il mandato di comparizione, in gran parte giovani palestinesi. Anche loro si rifiutarono di comparire di fronte alla grand jury.
Oltre alla nostra posizione di non-cooperazione, abbiamo formato il Comitato per Fermare la Repressione dell’FBI (http://www.stopfbi.net). Abbiamo chiamato alla protesta contro questa caccia alle streghe, e abbiamo avuto successo nel mobilitare un vasto appoggio. Più di 70 città hanno visto manifestazioni di appoggio nei nostri confronti nel giro di pochi giorni dai raids. Abbiamo ricevuto dichiarazioni di solidarietà da parte di più di 200 organizzazioni. Sindacati che rappresentano più di 1,100,000 lavoratori hanno approvato ordini del giorno contro gli attacchi dell’FBI. 14 membri del Congresso hanno inviato delle lettere al Procuratore Generale Eric Holder esprimendo forte preoccupazione.
Da allora, c’è stato un numero crescente di attacchi alle libertà civili: l’incarceramento di Bradley (ora Chelsea) Manning; la repressione del movimento Occupy Wall Street; l’approvazione di una legge federale che autorizza la detenzione indefinita; e più recentemente la rivelazione del vasto spionaggio da parte dell’NSA sulle nostre nostre comunicazioni telefoniche e online. Le persone qui non sono più sorprese da azioni repressive come al momento dei raid del 2010.

Nel 2011 il movimento Occupy divampò per gli Usa, con migliaia di persone – specialmente giovani – in lotta contro un sistema considerato “truccato a favore dell’1%”. Qual è stata l’importanza di OWS, le sue debolezze e la prospettiva di rinascista di un nuovo, più forte, movimento contro l’imperialismo?

Il movimento Occupy ha rappresentato un risveglio della coscienza di classe e della protesta negli Stati Uniti. I manifestanti che si radunarono al Parco Zuccotti di New York il 17 settembre del 2011 erano lì per svelare l’avidità di Wall Street e la dominazione delle “corporations” sulle vite delle persone della classe lavoratrice e della classa media. Quasi immediatamente, la polizia ha risposto con la repressione e con lo spray urticante. Questo portò migliaia di cittadini a inondare il Parco Zuccotti. Occupy Wall Street era nato.
Nel giro di settimane, quasi un migliaio di città avevano delle proteste di Occupy. Molti dei manifestanti che si accampavano a tempo pieno nelle occupazioni erano studenti bianchi provenienti dalla classe media o dalla classe lavoratrice, mentre altri erano disoccupati e/o senzatetto. Tuttavia, centinaia di migliaia si sono aggiunti agli occupanti per manifestazioni durante il giorno e nei fine settimana, specialmente quando si mobilitarono i sindacati. Questa mobilitazione sindacale cambiò drasticamente la composizione di classe di Occupy, come si è visto a New York o Chicago, dove migliaia di Africani-Americani, Portoricani, Chicanos e altre nazionalità oppresse scesero nelle strade e nei parchi pubblici. La repressione poliziesca ha posto fine agli accampamenti permanenti di Occupy. Le ondate di arresti di massa furono organizzati a livello nazionale – con l’Homeland Security e l’FBI in coordinazione con gli ufficiali locali.
Più di due anni dopo, economicamente i tempi duri continuano. Il popolo è frustrato per la crisi economica e legittimamente infuriato con i politici di entrambi i partiti. Tuttavia, c’è una grande speranza per le lotte crescenti di questi ultimi dieci anni. Prima venne il movimento contro la guerra che nacque per opporsi alle guerre di Bush in Iraq e in Afghanistan. Poi il Primo Maggio del 2006, in cui i mega-cortei per i diritti degli immigrati hanno fatto la storia, con milioni di Chicanos, Messicani, immigrati dall’America Centrale e altri in marcia per le strade delle città attraverso tutto il paese. Studenti che hanno partecipato in entrambi i movimenti iniziarono a pretendere diritti nei campus, opponendosi ai crescenti costi e al crescente debito studentesco. Gli Africani-Americani parteciparono come mai prima d’ora al voto per eleggere Obama nel 2008, mentre il movimento nazionale contro la brutalità poliziesca e contro gli abusi ha raggiunto nuovi livelli con la campagna per chiedere giustizia per Trayvon Martin. I lavoratori in Wisconsin, Ohio e altri stati hanno lottato per respingere gli attacchi dei Repubblicani ai lavoratori statali e ai sindacati. Il più recente movimento di massa è stato Occupy.

Freedom Road Socialist Organization crede che tutti questi passi in avanti nella coscienza del popolo costituiscono l’inizio delle condizioni descritte da Lenin un secolo fa. Perché avvenga un cambiamento rivoluzionario, le vaste masse popolari – lavoratori, nazionalità oppresse e altri sottomessi dai capitalsiti monopolisti – devono arrivare alla conclusione di non poter vivere alla vecchia maniera, e devono avere la volontà di lottare per porre fine al vecchio ordine. Secondariamente, la classe dominante deve trovarsi in uno stato di crisi reale, divisa al suo interno e incapace di continuare come prima. E, infine, c’è la necessità di una forte organizzazione rivoluzionaria, un partito comunista in grado di navigare attraverso situazioni politiche complesse e condurre la lotta per affermare il potere politico della classe lavoratrice.

Sei stato fra gli organizzatori della protesta del 2012 contro il summit della NATO a Chicago. Raccontaci cosa è accaduto e il tuo/vostro punto di vista sul futuro del movimento contro la guerra

Il presidente Obama ha annunciato nel giugno del 2011 che la Nato e il G8 si sarebbero riuniti a Chicago nel maggio del 2012. L’ho appreso per la prima volta grazie a una telefonata del dirigente nazionale della Coalizione Nazionale Unita Contro la Guerra (UNAC). L’UNAC è una delle più grandi coalizioni contro la guerra negli Usa, e venne costituita qualche anno fa per ricostruire il movimento dopo l’elezione di Obama. L’UNAC propose una coalizione più ampia per la marcia a Chicago, che divenne la Coalizione contro l’Agenda di Povertà e Guerra della NATO/G8 (CANG8).
CANG8 prese il via come una semplice coalizione contro la guerra, ma decidemmo che la marcia contro la NATO e il G8 dovesse essere una protesta non solo contro la guerra, ma anche contro gli attacchi economici e altri attacchi, ad esempio contro l’ambiente. Adottammo questa impostazione per unire su una base di classe le forze che stanno soffrendo per le misure di austerità – come i tagli, ad esempio – mentre al bilancio militare viene riservato circa un trillione di dollari all’anno.
Nel formare CANG8, abbiamo dovuto lottare per il diritto alla protesta, contro la minacce del sindaco Rahm Emanuel (braccio destro di Obama, ndt.) di una repressione poliziesca. Poco dopo la nostra costituzione, emerse Occupy Chicago, che fu affrontato anch’esso con la repressione. Ci unimmo a loro in una lotta comune per i diritti democratici. Unendoci con i sindacati, le organizzazioni della comunità e Occupy, portammo 15,000 persone nelle strade per marciare contro il summit della NATO. È stata la più grande protesta contro la guerra dall’elezione di Obama e più grande [a Chicago] anche delle prosteste durante la guerra in Vietnam e in Iraq. Ci furono numerose altre proteste da parte di Occupy, dei sindacati e di altre organizzazioni nella settimana precedente alla marcia. Le nostre proteste furono un colpo concreto contro la NATO, il G8, e la classe dirigente locale e nazionale. La NATO e la macchina da guerra statunitense furono svelate negli occhi di molti negli Usa e nel mondo e quindi indebolite; il G8 non si potè nemmeno riunire a Chicago in seguito a ciò. Abbiamo portato in primo piano il messaggio contro la guerra e unito il movimento Occupy intorno a quel messaggio chiaro. Prima di quella marcia, pochi negli Usa sapevano addirittura cosa fosse la NATO.
Per ottenere ciò, abbiamo dovuto lottare contro alcune idee errate. Ci siamo dovuti scontrare con forze nel movimento per la pace che si opponevano alla marcia perché Obama era alla Casa Bianca, il 2012 era anno elettorale, e avevano paura che avremmo causato la sconfitta dei Democratici. Non era nostro obiettivo organizzarla come una marcia anti-Obama, ma la verità fa male: i Democratici sono l’attuale partito della guerra, e la politica estera di Obama è stata una continuazione e un’intensificazione delle guerre iniziate sotto George W. Bush. Alla fine, unimmo sia quelli che rifiutavano Obama sia chi poi lo votò a Novembre.
Un secondo dibattito nacque quando adottammo una serie di principi tattici in modo da tenere insieme chi voleva una manifestazione autorizzata e chi voleva azioni di protesta dirette. Abbiamo dovuto lottare contro chi insisteva sul fatto che avremmo dovuto rompere con gli anarchici e chi, dalla parte opposta, che avremmo dovuto rompere con i liberal. In quanto rivoluzionari, FRSO sa che le proteste autorizzate non saranno mai sufficienti per fermare una guerra. Dobbiamo aumentare il costo sociale della guerra, e per questo FRSO appoggia azioni militanti, e non volevamo mettere l’una contro l’altra. Le azioni prima della marcia, e anche il momento in cui i manifestanti non liberarono l’incrocio dopo che la manifestazione autorizzata era finita, fuorono momenti istruttivi per il movimento. Le persone capiscono che sono necessarie azioni come quelle per dare fastidio a chi comanda.
Dobbiamo far capire alle masse popolari che lo stato non ha alcun interesse nel darci il permesso di fare qualcosa che avrà un impatto su di loro. Molti credono che i Democratici dovrebbero appoggiarci, ma in realtà vedono solo un grosso schieramento di polizia, il che dimostra che l’unica pace che interessa ai Democratici è la pace sociale, ovvero tenerci sotto controllo. Le proteste servono a mettere in dubbio la loro legittimità.
Ora stiamo chiedendo che siano ritirate tutte le accuse contro i “3 della NATO”. Ma nel fare ciò non crediamo che il ritiro delle accuse determini un cambiamento nel sistema. Il frutto reale dei nostri sforzi sta nel movimento crescente e nella comprensione sempre più profonda del sistema che stiamo affrontando e di cosa serve per sconfiggerlo. Dopo la marcia contro la NATO, il movimento contro la guerra è tornato ad un basso livello di attività, ma UNAC è in attività, con altri gruppi, per rispondere alle minacce di nuove guerre, come in Siria o come gli attacchi coi droni, ad esempio.

Eletto nel 2008 con grandi speranze di cambiamento, Obama ha portato aggressione imperialista e attacchi ai diritti dei lavoratori su una scala persino più vasta di Bush. In questo contesto, qual è la visione e la strategia di FRSO per portare avanti la lotta?

Obama ha continuato la guerra in Afghanistan e ha lanciato diverse nuove guerre; Guantanamo è ancora aperta, e gli immigrati sono stati deportati ad una velocità maggiore che sotto Bush. Sempre di più, l’uso da parte del governo di raid, perquisizioni e mandati di comparizione per criminalizzare l’attività politica e per etichettarla come “terrorismo” sta allontanando diversi attivisti dai Democratici e dalla politica elettorale.
In patria tagli e misure di austerità vengono imposte ad ogni livello di governo, con conseguenti perdite di posti di lavoro. Stiamo lottando per difendere le indennità di disoccupazione e dovremo difendere nei prossimi mesi Social Security e Medicare, dal momento che la cooperazione fra Democratici e Repubblicani significa che a perderci saranno i lavoratori.
La nostra previsione è che il secondo mandato del presidente Obama vedrà un’ulteriore radicalizzazione della resistenza popolare. Abbiamo in programma di essere parte di ciò e della direzione dei gruppi e dei movimenti che otterranno vittorie per il popolo nei prossimi quattro anni. Le elezioni vanno e vengono, i partiti cambiano posto, ma i movimenti popolari – specialmente l’alleanza strategica del movimento della classe lavoratrice e dei movimenti nazionali di Africani-Americani, Chicanos e altre nazionalità oppresse, può portare non solo riforme, ma un cambiamento radicale che nessun politico venduto può portare a termine.

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