di Alessio Arena
Cade un partigiano e il silenzio della morte ha il sapore, il sentore, la consistenza del piombo. Ieri è caduto Alexey Mozgovoy, comandante comunista della Brigata “Fantasma” che nel Donbass combatte contro il mostro fascista resuscitato in Europa dall’imperialismo USA-UE. Un partigiano del XXI secolo venuto a ricordare a noi italiani reduci dalle celebrazioni di un 70° del 25 Aprile che i vertici dello Stato e gli apparati di propaganda delle classi dominanti avrebbero voluto svuotato di ogni significato profondo, la vigenza, l’attualità, la forza dell’antifascismo conseguente che è progetto consapevole, organizzato, disciplinato di costruzione di una società e di un’Umanità nuove.
La guerra è una mostruosità fatta di confusione, sangue, umori sparsi sulla terra, vite trascinate via dalla risacca delle maree distruttive della Storia. Non è facile mantenersi in essa limpidi, fermi e cristallini negli intenti. Può non essere facile comprendere subito la portata e il contenuto degli eventi e in essi intervenire facendosi disciplinatori dello sforzo umano d’innalzarsi al di sopra di quelle maree, dominarle, indirizzarle verso una pace diversa da quella terrificante cercata dagli oppressori e dai loro armati, che per gli oppressi si traduce solo e drammaticamente in rassegnazione all’inevitabilità della barbarie che avanza. Il comandante Mozgovoy ne è stato capace sin dai primi giorni del golpe fascista di Kiev, la cosiddetta “Euromaidan” pensata e pagata dagli strateghi di Washington e di Bruxelles per spostare i confini della Storia finita sotto il tallone atlantico a est, imprimendone il segno nelle carni vive delle popolazioni dell’Ucraina. Da quel momento in poi, la vita del comandante Mozgovoy si è dovuta riplasmare secondo le esigenze della guerra manovrata, della lotta armata non scelta, ma resa necessaria dall’urgenza di rispondere al crimine con la forza popolare, di affermare se stessi contro la Vandea planetaria sorta nel 1989-1991 e affamata di nuove vittime sacrificali da immolare sull’altare della seconda Restaurazione.
Ma Mozgovoy non si contentava di resistere. La sua intelligenza, la sua cultura, la sua mitezza di poeta non lo avrebbero permesso. Come per i nostri partigiani, come per i partigiani veri di ogni epoca, lo scopo per cui combattere era più alto, più solenne: non esiste altra causa per cui un essere umano meritevole della definizione, un rivoluzionario, un comunista possa accettare di spezzare delle vite se non per contribuire, emancipando il proprio popolo e la propria terra, a costruire una società in cui ciò non si renda mai più necessario. Una società libera, in cui il ripudio della violenza sia la conseguenza della consapevolezza di averla spazzata via per sempre dalla Storia insieme con le catene dell’oppressione dell’uomo sull’uomo che la rendono un’angosciante, insopprimibile costante delle cose umane. E così la voce di Mozgovoy si è levata giorno dopo giorno dal fronte di battaglia, amplificata e dignificata dall’azione, a reclamare anche per noi quel futuro socialista che è per l’Umanità intera l’unica prospettiva di salvezza e di redenzione.
Gli accadimenti che ci hanno privato della luce del nostro compagno esemplare ancora non sono chiariti. Andranno strappati al caotico fluire dei fatti della guerra sanguinosa per la liberazione del Donbass. Sappiamo che con il Comandante sono stati assassinati la sua portavoce, due miliziani che lo accompagnavano e alcuni civili. Si dice che il despota fascista di Kiev abbia distribuito successivamente medaglie al valore. Si adombra la possibilità del tradimento di qualche altro settore della Resistenza. La chiarezza verrà col tempo. Per ora ci deve importare soltanto, come in tante, troppe occasioni luttuose simili, di far nostro l’esempio dell’indimenticabile scomparso e portarlo nella battaglia quotidiana sui luoghi di lavoro, nei quartieri, nelle scuole, ovunque come contributo reale alla rivoluzione sociale che Mozgovoy voleva per la sua Nuova Russia, a cui va la nostra vicinanza internazionalista, e che anche a nome suo spetta a noi far vera in tutto il mondo.