Comunicato del Direttivo provinciale dei Giovani Comunisti di Torino
La profonda crisi in cui versa il capitalismo che, attraverso il suo sfruttamento, continua a mietere vittime tra il popolo lavoratore pone le basi oggettive per la costruzione del suo superamento. Eppure oggi, paradossalmente la coscienza di classe è arretrata profondamente ed è totalmente assente una organizzazione che sappia ergersi ad elemento catalizzatore per le classi subalterne e che lavori per organizzare la crescente rabbia sociale.
A questa necessità non è certo in grado di dare risposte il Partito della Rifondazione Comunista. Non è questa la sede in cui analizzare le ragioni del suo fallimento e neppure quella in cui ripercorrere il nostro percorso di opposizione alla scellerata linea propugnata dalla sua dirigenza. Ci vogliamo limitare a sottolineare che il continuo rincorrere da parte di Ferrero e del resto della dirigenza Prc – alla ricerca di un posto al sole in parlamento – la costituzione di un unico soggetto della sinistra plurale e generica non fa che completare l’abbandono di una prospettiva anticapitalista ed antimperialista, in definitiva della prospettiva comunista. Si approda invece al mero emendamento della società vigente, come dimostrano la sostituzione della lotta per i diritti sociali con le mere rivendicazioni per i diritti civili e la liquidazione del marxismo a vantaggio del keynesismo.
Poco importa se il nuovo soggetto della sinistra plurale sarà alternativo o meno al Pd, certamente non sarà alternativo al sistema capitalista ed andrà ad inserirsi in quel partito unico solo epidermicamente differenziato che racchiude tutto l’attuale arco parlamentare, M5S compreso. E poco importa inoltre se tale processo costituente della sinistra generica si attuerà con la sopravvivenza del Prc come entità organizzata al suo interno, ma di certo svuotata di ogni contenuto come già ora del resto è, o meno: nella sostanza dei fatti non fa differenza alcuna.
In ogni caso, il soggetto unico della sinistra plurale è un processo irreversibile, quasi un dato di fatto. A tal proposito, risulta assai indicativo notare come tutte le feste del Partito che si sono susseguite durante l’estate che si va concludendo abbiano visto lo svolgimento di dibattiti cui hanno partecipato esponenti di Sel e di Possibile. A Torino, in continuità con quanto detto ma indicatore anche dei futuri rapporti di forza interni al nuovo soggetto della sinistra generica che non depongono certo a favore del Prc, si ricordi il trasferimento estivo del bar della Poderosa – il circolo ARCI la cui sede corrisponde a quella della federazione torinese del Partito e che è nato per iniziativa della Segreteria di quest’ultima – presso i locali pseudo-occupati di via Asti di cui è innegabile l’affiliazione a Sel (che, ricordiamo, è parte integrante della maggioranza di Fassino in Comune e di Chiamparino in Regione).
Il Prc è un partito privo di identità. Dopo avere avuto un ruolo preponderante nella sciagurata costruzione del partito della Sinistra Europea, di fronte alla sconfitta e all’uscita dalle istituzioni il Prc, anziché promuovere una sincera autocritica, non ha saputo far di meglio che copiare il modello che in quella precisa fase appariva vincente, convinto che adottandolo avrebbe preso una scorciatoia per tornare velocemente nelle istituzioni. Si è passati da posizioni determinate e forti, ma tanto fallaci quanto anticomuniste, a posizioni deboli e mutevoli, pur sempre aberranti. La schizofrenia con cui il Prc ha cambiato e tuttora cambia modello a seconda di come tira il vento, con svolte e contro-svolte non salutari al corpo militante, lo dimostra. Prima Izquierda Unida, Linke e Front de Gauche, poi Syriza ed ora, accanto a quest’ultima – nonostante abbia dimostrato tutto il suo fallimento –, si è affiancato come modello Podemos: riferimenti cambiati con una leggerezza imbarazzante quasi come se fossero dei tormentoni di canzonette estive. Ora, con la vittoria di Corbyn, il Prc innalzerà per caso a proprio modello il Labour?
Il Prc inoltre è un partito che diseduca il proprio corpo militante a cui non è in grado di dare un campo di intervento prioritario, mettendo sullo stesso piano ambientalismo, antifascismo, diritti civili, a volte diritti sociali, etc. senza mai farli dipendere dalla questione di classe ma considerandoli come compartimenti stagni. Invece di innalzare i compagni avvicinatisi ad un grado maggiore di coscienza, li fa vagare senza indicazioni nelle proprie riunioni ed iniziative, tra una raccolta firme e l’altra, cercando di mobilitarli solo all’imminenza delle campagne elettorali, provocandone così la disaffezione e l’inevitabile allontanamento. Ciò ha prodotto risultati disastrosi.
Ma anche nel campo dell’internazionalismo il Prc fa acqua da tutte le parti. Un Partito della Rifondazione Comunista affiliato alla Sinistra Europea (ed al suo eurogruppo GUE) che non solo non si è mobilitato ma non ha neppure speso una parola contro l’aggressione imperialista della NATO in Ucraina, contro il governo nazifascista di Kiev ed a favore della resistenza in Donbass e in Ucraina. Un Partito della Rifondazione Comunista che si ostina ad appoggiare Tsipras dopo il suo tradimento anziché sostenere il popolo greco in lotta, intensificando il conflitto di classe sul suolo sotto la giurisdizione della Repubblica italiana. Un Partito della Rifondazione Comunista che disdegna di coltivare il rapporto con i partiti comunisti fratelli non partecipando ai meeting dell’Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai.
Ad una linea politica che, come abbiamo sempre detto, riteniamo scellerata, si aggiunge la totale mancanza di correttezza procedurale all’interno degli organismi del partito. Se si può notare a livello nazionale (mancate convocazioni di CPN quando la dirigenza del partito non ha la certezza di ottenere la maggioranza), per noi è stata ben visibile – e soprattutto incisiva – a livello locale. Alcuni esempi sui tanti possibili saranno più che sufficienti. Il progetto della lista “L’altro Piemonte a sinistra” per le ultime regionali non è stato discusso dall’unico organo competente, il CPR, se non a cose fatte, con un candidato della cui identità siamo venuti a sapere da una conferenza stampa: a quel punto il CPR non poteva che avallare quanto già stabilito in altra sede. Un percorso analogo per la costituzione del circolo ARCI La Poderosa: prima le decisioni vengono prese e poi dopo si pone il dato di fatto in faccia all’organismo competente, in questo caso il CPF. Infine, ridicolo su ridicolo, durante l’inverno 2014-2015, la Segreteria provinciale del Partito si è rifiutata di passare i nominativi delle tessere al Coordinatore provinciale GC adducendo motivi di privacy. Come fa una organizzazione a pianificare e strutturare la propria attività politica se non sa su quali forze potenziali poggia? È in seguito emersa l’esistenza di iscritti GC che non avevamo mai visto e che mai avremmo visto in seguito. Si trattava forse di tessere funzionali a quella Conferenza GC che doveva essere imminente e che poi è stata rimandata più volte? Non deve stupire, non sarebbe stata la prima volta di Congressi vinti grazie a tessere di militanti fantasma: le dinamiche del Congresso svoltosi durante l’autunno 2013 ci sono rimaste scolpite nella memoria.
Merita dedicare un accenno all’organizzazione giovanile del Prc, i Giovani Comunisti, all’interno dei quali abbiamo militato. Anziché organizzazione d’avanguardia dei comunisti anagraficamente giovani, a livello nazionale i GC sono passati dall’essere la commissione Prc con delega alla liberalizzazione delle droghe leggere (era Bertinotti) ad uno strumento per la rapida ascesa di alcuni individui nei gangli della scena politica (era Ferrero). Quella dei Giovani Comunisti è una organizzazione che fino a ieri è stata gestita da un coordinatore che oggi siede nel Coordinamento nazionale di Sel. Ricordando questo non si deve dimenticare che i coordinatori nazionali dei Giovani Comunisti erano due e ad entrambi, come alle rispettive aree politiche di appartenenza, vanno addebitate le responsabilità in eguale misura. Ed ancora, anche del progetto “Per la ricostruzione di una Giovanile Comunista”, cui abbiamo guardato per una iniziale fase con interesse, abbiamo constatato la mancanza di capacità propulsiva e le contraddizioni interne riassumibili nella volontà di rigenerare una giovanile comunista all’interno di un progetto compatibilista con il sistema capitalista. Dei Giovani Comunisti per troppo tempo si è rinviata la Conferenza per ridefinirne le linee guida e la dirigenza a tutti i livelli. Ora, ammesso e non concesso che venga veramente svolta, è troppo tardi.
A seguito delle suddette ragioni, il Direttivo dei Giovani Comunisti di Torino, riunitosi nel giorno 16 settembre 2015, dalle ore 16,30 alle ore 18, delibera all’unanimità l’uscita della propria struttura politica dal Partito della Rifondazione Comunista e la sua adesione a Fronte Popolare, di cui molti tra noi sono stati promotori. Non si tratta di un nuovo partito poiché siamo ben consapevoli dell’assenza oggi, nel territorio sotto la giurisdizione della Repubblica italiana, delle condizioni storiche per la costruzione di un partito comunista. Si tratta invero di una organizzazione che proprio tali basi vuole contribuire a poggiare, consapevole della propria non autosufficienza. Questa decisione, assunta dal Direttivo provinciale dei Giovani Comunisti di Torino, è stata presa insieme a tutti quei compagni che hanno militato nella struttura GC (e non solamente in quella del Partito, pur avendo la tessera dell’organizzazione giovanile) e che nell’ultimo anno hanno condiviso la linea del Direttivo di azione politica esterna e totale dissenso interno.
Rimanere dentro il Partito della Rifondazione Comunista oggi equivarrebbe a disintegrare un gruppo militante costruito a Torino in anni di lavoro politico oltre che a promuovere una azione politica completamente inutile, con effetti pari a quelli che si otterrebbe a prendere il sole in spiaggia. Possiamo capire che abbandonare il Partito possa risultare doloroso per compagni che hanno passato buona parte della loro vita al suo interno ma purtroppo alternativa non sussiste. Non si deve infatti considerare il Partito come un feticcio. Occorre considerarlo per quello che è: uno strumento per costruire l’alternativa al capitalismo. Non ha dunque senso, da comunisti, rimanere ancorati ad un qualcosa che strumento per organizzare la classe e per costruire il comunismo non è più.
Invece, la nostra uscita dal Partito della Rifondazione Comunista – uscita che saremmo stati molto più felici potere evitare – è necessaria da un lato per preservare il nucleo militante comunista formatosi negli ultimi anni, dall’altro per continuare e rilanciare con accresciuta forza e decisione la nostra azione politica. Tale azione potrà essere svolta con maggiore efficacia e minor dispendio di energie poiché non saremo più impegnati nella logorante lotta interna che non può portare a risultati in una organizzazione al collasso e, specularmente, poiché potremo entrare in contatto con altre realtà posizionate sulle barricate più avanzate del conflitto di classe presenti sul territorio torinese, realtà che prima, compromessi dal nostro legame con il Partito della Rifondazione Comunista, ci erano completamente precluse.
Il Direttivo dei Giovani Comunisti di Torino
Guido Salza (Coordinatore), Dario Fanton (tesoriere),
Alessandro Strano (resp. organizzazione), Elia Andreo (resp. internazionalismo)
Il Portavoce dei Giovani Comunisti del Piemonte, Alberto Lacchia