Erminio Andreone, 25 anni, fuochista delle ferrovie, ucciso davanti alla sua casa, poi bruciata, in via Alassio 25.
Evasio Becchio, 25 anni, operaio e comunista, ucciso a colpi di pistola e moschetto in fondo a corso Bramante dopo essere stato prelevato dall’osteria in cui si trovava.
Andrea Ghiomo, 25 anni, antifascista, ritrovato con il cranio spezzato e sanguinante e con centinaia di ferite sulla testa e su tutto il corpo nel prato di via Pinelli.
Cesare Pochettino, 26 anni, artigiano non impegnato in politica, sequestrato e ucciso in collina.
Pietro Ferrero, 30 anni, anarchico e segretario della Federazione torinese degli operai metallurgici (FIOM), trovato irriconoscibile con la testa fracassata sotto il monumento a Vittorio Emanuele, dopo essere stato legato per i piedi a un camion e trascinato per tutto corso Vittorio Emanuele.
Leone Mazzola, 33 anni, proprietario di una osteria e militante socialista, ucciso a colpo di arma da fuoco nel proprio letto del retrobottega, dove aveva la sua abitazione.
Matteo Tarizzo, 34 anni, antifascista, trovato in un lago di sangue in fondo a via Canova assassinato da un colpo di clava che gli ha fracassato il cranio.
Giovanni Massaro, 39 anni, ex ferroviere e anarchico, ucciso a colpi di moschetto vicino alla cascina Maletto in via San Paolo.
Carlo Berruti, 41 anni, ferroviere, segretario del Sindacato dei ferrovieri e consigliere comunale del Partito Comunista d’Italia, assassinato nelle campagne di Nichelino.
Matteo Chiolero, 42 anni, tramviere e militante socialista, ucciso nella sua casa in via Abegg 7.
Angelo Quintagliè, 45 anni, usciere dell’ufficio ferroviario “Controllo prodotti”, non impegnato in politica, assassinato per avere stigmatizzato pubblicamente la barbara uccisione del suo collega Berruti.
Sono questi gli undici antifascisti assassinati dagli infami fascisti in quella che è passata alla storia come strage di Torino, avvenuta nei giorni tra il 18 e il 20 dicembre del 1922, a meno di un mese dalla marcia su Roma del 28 ottobre. Oltre all’assassinio di undici uomini, i fascisti si macchiarono del ferimento di un’altra ventina e della distruzione della Camera del Lavoro, del circolo anarchico dei ferrovieri, del circolo Carlo Marx e della sede de «L’Ordine Nuovo». Così, nel 1946, quella che dal 1864 era piazza San Martino venne ribattezzata piazza XVIII Dicembre, in onore ai martiri uccisi dai fascisti nel 1922.
Oggi, a Torino come altrove, preoccupano i vili tentativi fascisti di inserirsi in scuole e università, cavalcando il malessere sociale ed indirizzando la rabbia verso falsi bersagli. Preoccupano i turpi atti di violenza squadrista di cui si sono macchiati gli appartenenti ad illegali organizzazioni fasciste, pensiamo ai fatti del Cattaneo o al Fuan al Campus Luigi Einaudi. La sezione torinese di Fronte Popolare, con le proprie prese di posizione attraverso comunicati e volantinaggi e con la propria continua azione, ha già condannato tutto ciò e si impegna a mantenere alta la vigilanza antifascista.
Inoltre, desta perplessità il fatto che, quest’anno, la consueta commemorazione ufficiale della strage in piazza XVIII Dicembre sia stata organizzata ad un orario – le 9,30 – che, in quanto lavorativo, non ha consentito l’ampia partecipazione della popolazione. Si tratta di una scelta voluta e ben ponderata dall’Amministrazione comunale di Torino a targa Pd.