Con i comunisti filippini, per la ripresa dei negoziati di pace e la fine della repressione

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Brutte notizie arrivano dalle Filippine.

Il presidente Rodrigo Duterte, dopo una prima fase in cui aveva rilanciato il processo di pace, promesso di liberare i prigionieri politici e raffreddato le relazioni con gli Usa, si è piegato alle pressioni dell’esercito e dell’imperialismo rompendo formalmente i negoziati di pace e definendo il Fronte Democratico Nazionale (NDFP) come una “organizzazione terroristica”.

Già il 6 febbraio è stato arrestato Ariel Arbitrario, prigionero politico che era stato rilasciato per partecipare agli incontri come delegato del NDFP.
Nel solo mese di gennaio 2017, almeno quattro attivisti contadini sono stati uccisi dalle forze di sicurezza dello Stato. Il mese successivo, il 3 febbraio, il leader dei popoli indigeni (i Lumad) Renato Anglao, 42 anni, segretario generale della Tindoga (Tribal Group Association), è stato ucciso da tre uomini a bordo di una moto.

Anche durante il periodo di cessate il fuoco, erano continuati senza sosta gli omicidi politici, le sparizioni forzate e gli arresti da parte delle Forze Armate ai danni delle forze come l’NDFP e il Nuovo Esercito del Popolo (NPA), che lottano per da più di cinquant’anni per la riforma agraria, l’industrializzazione del paese e la fine della dominazione neo-coloniale.

José Maria Sison, capo della delegazione dell’NDFP e fondatore del Partito Comunista, ha attaccato duramente Duterte dicendo che si sta comportando come “un mafioso che non conosce il significato di pace giusta e duratura” e affermando che le bande fasciste non potranno nulla contro la resistenza del popolo filippino, che già in passato ha sconfitto la legge marziale di Marcos.
Sison ha però sottolineato come il Partito Comunista, l’NPA e l’NDFP rimangano impegnati nel processo di pace rispettando gli accordi già firmati e ha invitato Duterte a non piegarsi ai voleri dei reazionari e dei sabotatori della pace e a tornare al tavolo delle trattative.

Esprimiamo la nostra solidarietà ai compagni filippini, in patria e all’estero, in lotta per liberare il loro Paese e invitiamo le forze progressiste italiane a mobilitarsi per la cessazione della repressione e perché il governo italiano, che ha ospitato a Roma l’ultimo turno di negoziati questo gennaio, faccia pressioni internazionali perché riprenda il processo di pace.

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