Cosa c’entrano i bombrardamenti NATO sulla Serbia del 1999 con il Giorno del Ricordo delle foibe? Se qualcuno si sta ponendo questa domanda, significa che abbiamo raggiunto il nostro scopo.
Parlando da un punto di vista storiografico, le vicende relative alla Seconda Guerra Mondiale nei Balcani sono estremamente complesse e le mistificazioni del revisionismo sulle foibe, miranti a screditare la Resistenza jugoslava (ma anche la Resistenza italiana) sono state abbondantemente smascherate da ogni ricerca che, da qualunque prospettiva ideologica, abbia voluto rivendicare dei crismi di scientificità.
La domanda sul cosiddetto “giorno del ricordo” è però un’altra: perché la Seconda Repubblica reazionaria, nel 2004, ha voluto istituire la ricorrenza, conferendo il sigillo della “verità di Stato” alla narrazione della ferocia genocida “slava” contro gli italiani d’Istria, che un tempo apparteneva solo ai nostalgici di Mussolini?
La risposta è presto data: la “riscoperta” della questione foibe e la sua popolarizzazione tramite il sistematico bombardamento mediatico e ideologico degli anni ’90 e 2000 ha coinciso con lo smembramento della Jugoslavia ad opera delle potenze dell’Europa occidentale (Germania, Italia, Francia innanzitutto, con gli USA a offrire copertura da una posizione tutto sommato secondaria). Dalla secessione della Slovenia a quella del Kosovo, passando per le atrocità perpetrate in Croazia e in Bosnia, l’imperialismo italiano è tornato negli ultimi trent’anni ad affondare i suoi artigli nelle carni dei popoli balcanici, contribuendo a fomentarne i conflitti etnici e settari per poi partecipare alle missioni “pacificatrici” sotto egida ONU o NATO. Non è d’altra parte difficile per nessuno farsi un’idea di come ciò abbia portato a definire un’area d’influenza italiana sull’altra sponda dell’Adriatico: basta misurare la penetrazione monopolistica delle grandi imprese italiane in quei Paesi, alcuni dei quali sono oggi delle vere e proprie colonie del nostro imperialismo.
I bombardamenti del 1999 contro la Serbia sono stati una delle pagine più esplicite e vergognose di quella storia. Nel corso di quei bombardamenti NATO diretti contro l’ultimo residuo d’insubordinazione jugoslava al “nuovo ordine mondiale”, cui l’Italia partecipò attivamente, vennero massacrati 2500 civili, tra cui donne e bambini. Intere aree del paese vennero contaminate dall’uranio impoverito radioattivo usato nel confezionamento dei missili impiegati dalle forze atlantiche. La diffusione di patologie cancerose dovute agli effetti dell’uranio impoverito non ha risparmiato nemmeno le truppe italiane stanziate nei diversi scenari, dalla Bosnia al Kosovo. Si parla a questo proposito di “sindrome dei Balcani” e non è difficile immaginare come essa abbia potuto colpire le popolazioni civili. Va ricordato a questo proposito come lo stesso Mattarella, da Ministro della Difesa, negò apertamente in Parlamento l’esistenza di un nesso tra l’impiego di uranio impoverito radioattivo nei bombardamenti e il diffondersi di casi di sindromi tumorali.
La “riscoperta” delle foibe ha dunque avuto, negli ultimi decenni, una funzione ben precisa, creando il retroterra di giustificazione ideologica per fornire alle trame dell’imperialismo italiano nella Jugoslavia smembrata un retroterra culturale ricettivo che predisponesse l’opinione pubblica al sostegno. Il cliché, d’altra parte, si ripete in Italia sin dai tempi de “La grande proletaria si è mossa” di Pascoli: si ricorre al vittimismo per giustificare l’aggressione.
A tutto questo si deve aggiungere la questione più generale della “normalizzazione capitalistica” dell’Italia, cioè della distruzione del tessuto culturale progressista e antifascista costruito nei primi quarant’anni di Storia repubblicana dall’azione egemonica delle sinistre (e in particolare del PCI), legittimate in questo dall’enorme prestigio acquisito nella Guerra di Liberazione.
E dunque, tornando al cosiddetto “Giorno del Ricordo”, noi ricordiamo e ricordiamo bene. Proprio per questo lottiamo per costruire un’Italia pacifica, antifascista e antirazzista. Un’Italia che si fondi sull’esempio che le lavoratrici e i lavoratori ci seppero lasciare quando, presa coscienza dell’orrore del fascismo, riscattarono la dignità del nostro Paese dando vita a uno dei più forti movimenti di Resistenza in Europa, non a caso cominciato con l’unico esempio, a livello continentale, di sciopero generale contro il fascismo e l’occupazione nazista ripetutosi due volte, nell’inverno/primavera del 1943 e del 1944. E la Resistenza Italiana fu sorella di quella jugoslava.
Oggi occorre ancora una volta riscattare l’Italia dalla vergogna di esser parte dello schieramento internazionale degli oppressori e dei carnefici. Per questo lavoriamo e lottiamo.