Dei falsi rivoluzionari da smascherare

marchais1I recenti fatti accaduti all’Università degli Studi di Milano, con l’atteggiamento barbaramente repressivo assunto dalle forze dell’ordine chiamate dal Rettore contro gli occupanti della ex libreria CUEM, richiamano certamente l’attenzione sull’involuzione autoritaria impressa dalle autorità pubbliche alla gestione del confitto sociale.

Ciò non esime però da una valutazione severamente critica circa l’isolazionismo e l’autoreferenzialità con cui gruppi ispirati a un’impostazione ideologica a tutti gli effetti pienamente individualistica gestiscono la propria partecipazione al movimento studentesco, del quale si arrogano il monopolio e al quale, con reiterate fughe in avanti autodeterminate nel giro ristretto di piccole cerchie militanti, impongono da tempo continue sconfitte. Una dinamica distruttiva ben nota, che da ultimo ha portato al collasso e al fallimento del movimento dell’Onda nel 2008. Nel caso della ex CUEM, a essere coinvolti sono i militanti della rete Atenei in Rivolta, legata al gruppo post-trotzkista Sinistra Critica, e il centro sociale Cantiere, ispirato alle dottrine di Toni Negri.

Nel condannare fermamente l’uso della violenza da parte della polizia e l’atteggiamento del Rettore Vago che ne ha richiesto l’intervento, non possiamo esimerci dal prendere le distanze dal modo in cui questi gruppi tentano vanamente di monopolizzare il movimento studentesco, permettendosi il lusso di non porsi il problema della sua unità nella diversità ed eludendo la necessità di presentarsi agli studenti come soggettività politica definita, dunque portatrice di programmi e di una matrice ideologica non necessariamente condivisi o condivisibili.

Il prevalere di queste tendenze di marca prettamente borghese nel movimento studentesco, ma anche il codismo e la condiscendenza con cui i comunisti hanno guardato negli ultimi due decenni allo smantellamento della capacità di mobilitazione degli studenti ad opera dei soggetti che ne sono portatori, sono stati gli elementi alla base della crescente incampacità delle lotte studentesche di attraversare e permeare la società e di congiungersi con le battaglie e le rivendicazioni dei lavoratori e della classe operaia innanzitutto.

Allo scopo d’inquadrare l’importanza del contrasto politico a queste tendenze, proponiamo la traduzione di ampi stralci di un noto articolo scritto nel 1968 da Georges Marchais, allora non ancora segretario del Partito Comunista Francese, in polemica con il movimento di Nanterre e il suo leader Daniel Cohn Bendit, dichiaratosi poi a più riprese un fervente anticomunista.

Unità del movimento studentesco, dunque. Lotta senza quartiere contro la repressione e per la conquista di nuovi spazi democratici e di equilibri più avanzati. Ma nessuna ambiguità nel contrasto alle posizioni ideologiche che hanno disarmato e continuano a disarmare gli studenti nel nostro paese. (N.d.T.)

***

di Georges Marchais

su l’Humanité, 3 maggio 1968

MARCHAIS_76Come sempre accade quando progredisce l’unione delle forze operaie e democratiche, i gruppuscoli di estrema sinistra si agitano dappertutto. Essi sono particolarmente attivi tra gli studenti; all’Università di Nanterre, ad esempio, si trovano: i “maoisti”; la “Gioventù Comunista Rivoluzionaria” che raggruppa una parte dei trotzkisti; il “Comitato di Collegamento degli Studenti Rivoluzionari”, anch’esso a maggioranza trotzkista; gli anarchici; diversi altri gruppi più o meno folkloristici.

Malgrado le loro contraddizioni, questi gruppuscoli – qualche centinaio di studenti – si sono uniti in quello che chiamano il “Movimento 22 Marzo: Nanterre”, diretto dall’anarchico tedesco Cohn-Bendit.

Non contenti dell’agitazione che conducono nell’ambiente studentesco – agitazione che va contro gli interessi delle masse studentesche e favorisce le provocazioni fasciste – ecco che questi pseudo-rivoluzionari si arrogano la pretesa di impartire lezioni al movimento operaio. Li si trova sempre più spesso ai cancelli delle fabbriche o nei centri dei lavoratori immigrati a distribuire volantini o altro materiale di propaganda.

Questi falsi rivoluzionari devono essere energicamente smascherati perché, oggettivamente, essi servono gli interessi del potere gollista e dei grandi monopoli capitalistici.

Uno dei maître à penser dell’estrema sinistra è il filosofo tedesco Herbert Marcuse, che vive negli Stati Uniti. Le sue tesi possono essere riassunte come segue: i partiti comunisti “hanno fallito”, la borghesia ha “integrato la classe operaia che non è più rivoluzionaria”, la gioventù, soprattutto nelle università, “è una forza nuova, piena di possibilità rivoluzionarie” e si deve organizzare “per la lotta violenta”.

Ben inteso, i seguaci di Marcuse, da noi, devono tener conto della forza, dell’influenza del Partito Comunista Francese e della combattività della classe operaia. Ma pur attenti alle forme, essi indirizzano i loro colpi contro il nostro Partito – e la CGT – e cercano di mettere in discussione il ruolo fondamentale della classe operaia nella lotta per il progresso, la democrazia, il socialismo.

Le tesi e l’attività di questi “rivoluzionari” potrebbero suscitare il riso. Per di più si tratta, in generale, di figli di grandi borghesi – che disprezzano gli studenti di origine operaia – che archivieranno rapidamente la loro fiamma rivoluzionaria per andare a dirigere la fabbrica di papà e sfruttarne i lavoratori nelle migliori tradizioni del capitalismo.

Tuttavia non va sottovalutata la loro azione negativa che tenta di gettare turbamento, dubbio e scetticismo tra i lavoratori e soprattutto tra i giovani. Ancor più dal momento che le loro attività s’iscrivono nel contesto della campagna anticomunista del potere gollista e delle forze reazionarie. In più dei giornali, delle riviste, dei settimanali – tra cui alcuni che si dichiarano di sinistra – accordano loro importanza e diffondono su intere colonne le loro elucubrazioni. Infine e soprattutto, perché l’avventurismo estremista porta il più grande pregiudizio al movimento rivoluzionario.

Sviluppando l’anticomunismo, i gruppuscoli estremisti servono gli interessi della borghesia e del grande capitale.

Il Partito Comunista Francese è il miglior difensore degli interessi immediati dei lavoratori manuali e intellettuali. Esso rappresenta una forza essenziale nella battaglia per eliminare il potere dei monopoli e sostituirgli un regime democratico nuovo, che permetta di avanzare sulla via del progresso sociale, dell’indipendenza nazionale e della pace. Esso è il migliore artefice dell’unione delle forze operaie e democratiche e dell’intesa tra tutti i partiti di sinistra, condizione decisiva per raggiungere degli obiettivi. Senza il Partito Comunista non è possibile un governo davvero di sinistra né una vera politica di progresso. […]

Per raggiungere i suoi obiettivi il nostro Partito Comunista fonda la sua azione innanzitutto sulla classe operaia, che è la forza sociale decisiva della nostra epoca. La grande missione storica della classe operaia è di liquidare il capitalismo ed edificare il socialismo, sola società veramente umana. E’ perché la classe operaia non possiede ancora nessun mezzo di produzione che essa è la classe più sfruttata, e quindi la sola classe veramente rivoluzionaria sino alla fine. E ancora, è perché le condizioni stesse di sviluppo della produzione fanno sì che la classe operaia sia la meglio organizzata, la più disciplinata e la più cosciente.

Gli pseudo-rivoluzionari di Nanterre e di altrove possono pure sforzarsi, ma non potranno cambiare nulla di questa realtà storica. […] Noi dobbiamo anche ricordare loro queste parole indirizzate da Anatole France agli intellettuali: “Per combattere e vincere i nostri avversari ricordatevi, cittadini, che dovete marciare con gli artefici dell’emancipazione dei lavoratori manuali, con tutti i difensori della giustizia sociale e che non avete nemici a sinistra. Ricordatevi che senza i proletari non siete che un pugno di dissidenti borghesi e che uniti, mescolati al proletariato, siete la moltitudine al servizio della giustizia.” […]

(traduzione a cura di Alessio Arena)

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