L’Europa del XXI secolo, tra nuove schiavitù e involuzione autoritaria

Articolo di opinione del compagno Alessio Arena, segretario di Fronte Popolare, sull’organo di stampa venezuelano Noticia al Dia

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CatturaLa notizia delle nuove norme vessatorie approvate dal parlamento danese nei confronti dei richiedenti asilo ha riaperto in tutto il mondo il dibattito sulla gestione dell’esodo di migranti in fuga dalle zone di guerra verso il territorio europeo.

Gli ultimi decenni di storia europea sono stati attraversati dalla questione dei flussi migratori, e questi hanno fornito all’estrema destra di tutto il continente un argomento e un’occasione per fortificarsi, traendo vigore dalle tensioni sociali risultanti dall’affluire sul mercato del lavoro di un vasto esercito di riserva composto di milioni di disperati pronti, per poter sopravvivere, a vendere la propria forza lavoro a una frazione del suo prezzo. Ed evidentemente, quel flusso si è fatto tanto più imponente in corrispondenza con le tante crisi umanitarie generate dalle sanguinose avventure militari con cui l’imperialismo ha inteso imporre il cosiddetto “nuovo ordine mondiale” dopo la fine dell’Unione Sovietica e del campo socialista. Avventure in cui l’Italia ha avuto, per parte sua, un ruolo assai attivo, partecipando allo smembramento della Jugoslavia al fianco degli alleati NATO, procedendo a una nuova colonizzazione dell’Albania e sostenendo l’occupazione dell’Afghanistan e dell’Iraq. Tutto ciò in corrispondenza di un ciclo espansivo dell’economia maturato sulle ceneri della Guerra Fredda, rispetto al quale l’emersione di nuovi attori nello scenario internazionale, a partire dalla Cina, appena andava delineandosi come una minaccia all’orizzonte. Una minaccia tuttavia ben interpretata dagli analisti dei centri imperialisti, come testimoniato dal documento “For a new American Century” con cui i neoconservatori repubblicani ispiratori dell’amministrazione USA guidata da George W. Bush progettavano sin dagli anni ’90 la strategia dell’imperialismo atlantico per imporre al resto del mondo un altro secolo del proprio predominio.

In quel contesto, la tensione cavalcata dall’estrema destra rispetto ai flussi migratori rappresentava in ultima istanza per la grande massa della popolazione europea un elemento di dettaglio, capace certamente di irrompere nella vita quotidiana degli strati sottoproletari della società per generarvi il principio della lotta tra poveri che viviamo oggi per l’accaparramento delle briciole di una ricchezza prodotta socialmente, ma sempre più concentrata nelle mani di una esigua oligarchia di monopolisti del capitale finanziario, senza però incidere particolarmente sulla sussistenza della grande maggioranza. Una situazione destinata a mutare radicalmente con l’esplosione delle contraddizioni di un sistema, quello capitalista, intrinsecamente difettoso e con l’inasprirsi del dominio egemonico del capitale sulla società, reso assoluto dal collasso della sinistra politica e dal processo di corruzione ideologica e materiale ingenerato nel movimento sindacale dalla scomparsa del socialismo realizzato dal suolo europeo.

D’altra parte, gli immensi flussi migratori sono sempre stati un dato strutturale del capitalismo: essi rappresentano, al pari e come complemento rispetto alla disoccupazione, uno strumento indispensabile per abbattere sui mercati il costo della manodopera ed aumentare la capacità dei gruppi dominanti dell’economia di accumulare la ricchezza prodotta dal lavoro. Non esiste nessun paese capitalista, nessuna economia di mercato che abbia mai conseguito l’obiettivo di eliminare la disoccupazione o di limitare significativamente i flussi migratori, proprio perché essi fanno parte del modo in cui nell’attuale sistema economico si gestiscono a vantaggio degli sfruttatori gli immensi vantaggi dati dalla presenza di moltitudini di disperati costretti a vendersi per un tozzo di pane.

È stato per questa via che sono ricomparse come fenomeno diffuso, sul mercato del lavoro europeo, forme di sfruttamento la cui memoria risultava appena impallidita dal trascorrere di una manciata di anni dalla loro eliminazione per via legale: su tutti il caporalato, più o meno legalizzato, trasformatosi in lavoro malpagato sotto cooperativa. E nella stessa maniera sono tornate ad aggravarsi le condizioni di lavoro nei campi e nell’edilizia, dove gli immigrati clandestini in gran numero vengono assoggettati, con la violenza e il ricatto, a forme di oppressione che ricordano molto da vicino la schiavitù.

Ora i nodi vengono al pettine: il combinato disposto degli effetti materiali della crisi economica, che in pochi anni hanno moltiplicato la percentuale di poveri e di disoccupati in ciascun paese d’Europa – e con essa il numero dei suicidi e l’incidenza delle malattie mentali -, e delle catastrofi umanitarie provocate dal dilagare della guerra che da sempre rappresenta la risposta del capitalismo all’esplosione delle sue contraddizioni più profonde, unitamente al degrado cui la coscienza popolare è stata sottoposta da decenni di predominio culturale del liberismo selvaggio, genera i propri frutti avvelenati. La distruzione di sistemi statali capaci di garantire il benessere dei propri cittadini e il controllo del territorio, come quello libico o quello siriano, ha aperto la via dell’Europa a una nuova ondata di umanità affamata e terrorizzata, mentre le società europee vivono una fase d’imbarbarimento senza precedenti, in cui all’isolamento e al silenziamento delle lotte sociali si accompagna il crescere di un clima di generale consenso all’autoritarismo sia sul piano sociale che politico.

Il collasso dei modelli di vita effimeri proposti dal consumismo, genera oggi la richiesta di un’involuzione repressiva contro i più poveri e sfruttati. Gli avvenimenti danesi non sono altro che l’ultimo di una lunga serie di fatti che confermano questa analisi: l’ordine di far fuoco sui migranti impartito alcuni anni fa dal governo spagnolo in seguito alla crisi di Ceuta, le stragi del mare nel Canale di Sicilia che fino ad ora sono costate la vita a migliaia di migranti, il muro fatto erigere dai fascisti al potere in Ungheria al confine con la Serbia, l’ascesa elettorale continua dei movimenti di estrema destra, dalla Francia all’Italia, rappresentano altrettanti passaggi di uno scadimento delle relazioni umane verso la barbarie cui il socialismo rappresenta l’unica risposta. La salvezza di tutti dipende da questo.

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