La presenza del Partito Democratico alla manifestazione milanese del 25 Aprile si fa ogni anno più provocatoria. Risulta del tutto evidente come ci si trovi ormai da decenni davanti a un tentativo di appropriazione della memoria della Resistenza in chiave ideologica, tutto teso a promuovere una riscrittura della Storia funzionale alle nuove forme di oppressione e repressione di cui il principale partito di governo si è fatto il più integrale e intransigente garante.
Una stagione, quella dell’alterazione del significato storico dell’antifascismo e della Resistenza, emblematicamente aperta dal discorso d’insediamento di Luciano Violante alla presidenza della Camera dei Deputati del 1996, che servì a formalizzare “da sinistra” l’adesione delle istituzioni repubblicane della “Seconda Repubblica” reazionaria al teorema della Resistenza come “guerra civile”, e cioè come frattura della comunità nazionale da saldare tendendo la mano agli eredi dei fascisti sconfitti per legittimarli nell’agone politico, sotto i buoni auspici del pensiero unico liberal-liberista che “riconcilia gli estremismi” in nome della “democrazia” dei padroni. Il processo si è da allora approfondito, inserendosi nel quadro generale di quella riscrittura della Storia del XX secolo che ha avuto come strumenti l’occultamento del carattere di classe del nazismo e del fascismo – profondamente legati al grande Capitale non solo italiano e tedesco e di esso strumenti nella lotta contro la Liberazione umana cominciata con la Rivoluzione sovietica del 1917 -, la negazione del ruolo dei comunisti e dell’Unione Sovietica nella disfatta inflitta al nazi-fascismo nel 1945, l’equiparazione del comunismo con i fascismi in nome della categoria ideologica del “totalitarismo”. Fine ultimo di questa strategia: consolidare la presa della propaganda che propone il capitalismo come “fine della Storia”, inquinare in modo decisivo la coscienza di classe delle grandi masse dei lavoratori e chiudere loro la via del progresso sociale, lasciandoli soli e senza difese di fronte alle feroci politiche di sfruttamento e repressive che hanno nell’Unione Europea la loro principale ispiratrice.