Oggi in piazza per lo Sciopero mondiale per il clima: per difendere l’ambiente e per il socialismo

Oggi, 27 settembre 2019, in tutto il mondo si sciopera per il clima. È un fatto di grande importanza che la battaglia contro il cambiamento climatico assuma la forma dello sciopero: implicitamente, con questa giornata si afferma che all’avanguardia nella difesa dell’ambiente non possono che esserci le lavoratrici e i lavoratori, le studentesse e gli studenti, le pensionate e i pensionati, tutte e tutti coloro che subiscono la logica del profitto e tutte le dolorose ferite che essa infligge alle nostre vite tanto quanto al nostro pianeta.

Da sempre, la destra e l’estrema destra si affannano ad aizzare le classi popolari contro la causa ambientalista, cercando di far passare il concetto secondo il quale solo il modello economico attuale, che distrugge il pianeta così come sfrutta il lavoro, sia in grado di generare occupazione e benessere. Questo è solo l’ultimo atto di una criminale pantomima che dura ormai da oltre un secolo: quella dello squallido servilismo dell’estrema destra populista e fascista nei confronti del capitalismo che sfrutta e saccheggia, travestita da “sentimento popolare” e imbellettata di demagogia. Da tanti paesi, oggi arriva una risposta forte a questa menzogna. I Trump e i Salvini, schiumanti, assistono al duro colpo inferto loro dalle piazze di tutto il mondo, gremite di donne e uomini mobilitati in difesa del proprio futuro. Le reazioni scomposte la dicono lunga su quanto la destra misuri oggi la propria difficoltà.

Ora, però, è tempo che la sinistra di classe maturi. È tempo di passare dal fare la coda radicale delle rivendicazioni progressiste a esserne avanguardia. È tempo di avere le idee chiare e farsi avanti con proposte concrete e progetti su cui invitare quanti hanno a cuore la questione ambientale ad attivarsi e a partecipare in prima persona. È tempo di costruire.

Per farlo, dobbiamo innanzitutto battere la tendenza alla dietrologia, al complottismo, alla contrapposizione con le piazze progressiste che anima alcuni. Questo non significa ignorare che vi siano pezzi di capitalismo monopolistico che vogliono fare della questione ambientale un’occasione di guadagno e che per questo si adoperano freneticamente a determinare e dirigere la crescente sensibilità che si sviluppa in proposito in tutti i settori della società. Sappiamo bene cosa si celi dietro le grandi promesse di conversione ecologica di Ursula von der Leyen, del nuovo governo italiano e degli esecutivi di alcune tra le grandi potenze occidentali. Non ci sfugge il loro impegno nell’accompagnare e indirizzare le mobilitazioni di questi mesi. Occorre però andare all’essenza, al nesso inscindibile tra tutela dell’ambiente e trasformazione del modello economico: esso apre una contraddizione enorme che chi lotta per il socialismo ha il dovere di saper interpretare. Che tante piazze si riempiano di persone mobilitate contro il cambiamento climatico, ci offre una straordinaria occasione per farlo.

Cogliamo l’occasione se diamo della questione ambientale un’interpretazione teorica e culturale marxista, certo. Ma non basta. Richiamare l’attenzione sul fatto che solo un ambientalismo anticapitalista sia un ambientalismo coerente è vitale, ma non sufficiente. L’ambientalismo inteso come motore della trasformazione sociale deve vivere nella militanza quotidiana, nelle rivendicazioni sindacali come nei nostri progetti di governo del territorio.

Ovunque, dobbiamo essere in grado di collegare la difesa dell’ambiente con il miglioramento concreto delle condizioni di vita e di lavoro delle persone. A partire dalla mobilitazione per la  rivendicazione di trasporti pubblici di qualità e non privatizzati, per la conquista di nuovi spazi verdi sottratti alla cementificazione dilagante che possano diventare luoghi della vita delle comunità, per una riconversione delle produzioni dannose per l’ambiente che garantisca i posti di lavoro e si occupi di accrescere la formazione professionale delle lavoratrici e dei lavori, dobbiamo creare le condizioni perché nascano veri e propri consigli di transizione ecologica in tutte le comunità, nei quartieri e nei centri abitati come sui luoghi di lavoro. Si tratta di fare della riconversione ambientale dell’economia un canale di sviluppo prima per la partecipazione e poi per la costruzione di vere e proprie forme di potere popolare.

La sinistra di classe italiana è ben lontana dall’essere adeguata a questi compiti. Possiamo però cominciare a porci all’altezza di essi costruendo insieme, in modo unitario, vertenze e progetti sul territorio. Ovunque esista un nucleo organizzato di attivisti e militanti delle nostre organizzazioni, esiste la concreta possibilità che si sviluppi un contributo alla battaglia comune per far avanzare nella società un ambientalismo con prospettiva socialista.

Fronte Popolare ci sta lavorando. Oggi le nostre compagne e i nostri compagni erano presenti in diverse piazze non per dare lezioni o impartire linee, ma per discutere con chi ha manifestato, per raccogliere stimoli, per approfondire la nostra comprensione di quanto sta avvenendo. In alcune comunità ci stiamo facendo portatrici e portatori di rivendicazioni, idee e progetti concreti per creare partecipazione e dar forma a questo ambientalismo trasformatore dell’esistente.

Tutto quanto siamo in grado di fare, lo mettiamo a disposizione di tutti i soggetti organizzati, di tutte e tutti coloro che vogliano lavorare con noi. È questo, da sempre, il senso del nostro impegno.

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