Un altro governo tecnocrate è caduto e noi non possiamo che esserne lieti. Tuttavia, c’è poco altro da festeggiare.
Avendo scaricato con successo tutte le colpe del crollo del governo sui soliti partiti litigiosi, Draghi ora rimette sul mercato le sue competenze da raggiante burocrate (guarda caso proprio quando si libera il posto al vertice della NATO). D’altronde, ora che governare un paese sta diventando un esercizio puramente tecnico che poco e niente ha a che fare con il consenso e la democrazia, il suo curriculum potrà vantare un anno di guida di una potenza mondiale (l’Italia), durante il quale ha gestito da fiduciario il flusso di soldi senza precedenti in arrivo dall’Unione Europea. Ancora una volta, chi ne esce più malandata è l’idea di una democrazia sostanziale, che faccia gli interessi dei popoli e non dei grandi capitali.
La sinistra di classe si appresta dunque a partecipare alle elezioni di settembre, ma l’accelerazione imposta dalle dimissioni anticipate acuisce la crisi della nostra proposta politica. Dopo 3 anni di pandemia a chiusura di un ciclo storico dal bilancio negativo, la sinistra di classe si trova a dover affrontare una campagna elettorale brevissima e in piena estate, senza il tempo di organizzare le forze, valorizzare i territori dove ancora è radicata, riprendere l’attività in presenza a pieno regime. Il prematuro abbandono del banchiere Draghi, poi, impone una raccolta firme che potrebbe rivelarsi onerosa in alcuni territori.
Una ulteriore incognita è quanto, in questo quadro già drammatico, inciderà la parcellizzazione della nostra proposta politica. Fronte Popolare è da sempre impegnata a costruire una convergenza tra le forze di classe. Per questo non possiamo che guardare con preoccupazione l’emergere in questi giorni di numerose liste che si rifanno alla stessa area. Un processo di convergenza democratica, almeno per il momento, non c’è stato.
Eppure, su di noi gravano responsabilità epocali. Il capitalismo è ormai entrato nel pieno di una crisi di egemonia internazionale, le cui frizioni producono guerre, carestie, disastri ambientali. La morte e la distruzione nei teatri di guerra (ultimo quello ucraino) si ripercuotono con violenza sulle classi popolari qua in Italia, che devono destreggiarsi tra rincari, disoccupazione, mancanza di servizi. L’urgenza della costruzione di un’alternativa politica impone il superamento delle divisioni e la costruzione, giorno per giorno, di pratiche comuni che sappiano incidere sulla realtà.
Fronte Popolare rimane fiduciosa che queste elezioni possano rappresentare un primo passo in questa direzione e, a questo fine, si mette a disposizione per intraprendere insieme questo percorso. Non buttiamo via un’altra occasione.