Due giorni fa abbiamo celebrato il 25 Aprile, il giorno della Liberazione d’Italia e della Resistenza vittoriosa. Quasi esattamente otto anni prima della Liberazione, il 27 aprile 1937, Antonio Gramsci moriva dopo oltre un decennio di detenzione e sevizie nelle carceri fasciste.
La Resistenza e la Liberazione non furono un lampo di una ventina di mesi di gloria, ma il frutto di due decenni di gestazione avvenuta in condizioni atroci, in un paese che per gran parte di quegli anni tributò al fascismo un consenso forte. Una gestazione fatta di sofferenze e sacrifici individuali e collettivi, molte e molti degli artefici dei quali non arrivarono mai a vederne il frutto.
Antonio Gramsci, fondatore del comunismo italiano, è un punto di riferimento irrinunciabile per noi, sul piano teorico e politico. Ma è anche l’emblema di quell’antifascismo tenace e carico d’immensa dignità che nella cospirazione, nel carcere o al confino non rinunciò mai a progettare e perseguire il riscatto e la salvezza per il nostro popolo.
La lezione di Gramsci e delle tante e dei tanti cui insieme a lui, nell’anniversario della sua scomparsa, rendiamo omaggio, è un invito alla resistenza intellettuale, alla lotta e all’organizzazione quotidiana e disciplinata, a dispetto delle difficoltà della fase e contro ogni rassegnazione e ogni ripiegamento.
Mi sono convinto che anche quando tutto è o pare perduto, bisogna rimettersi tranquillamente all’opera, ricominciando dall’inizio.
(Antonio Gramsci)