La notizia che in Sicilia sia stato stipulato, lo scorso 11 aprile, un protocollo d’intesa tra il Comando militare dell’Esercito nella regione e l’Ufficio regionale scolastico, finalizzato a organizzare lo svolgimento delle attività di alternanza scuola/lavoro imposte agli studenti delle scuole superiori presso unità militari, e che ora tale protocollo stia entrando in applicazione, è gravissima.
Scorrendo il testo del protocollo, si può leggere tra l’altro che: “Il Comando Militare dell’Esercito in Sicilia riserva particolare attenzione al mondo scolastico, accademico e scientifico per la diffusione dei valori etico-sociali, della storia e delle tradizioni militari“, e inoltre “ricerca e applica soluzioni comunicative interattive espressamente rivolte alle nuove generazioni, per affermare il ruolo della Forza Armata Esercito al servizio della collettività e divulgare le opportunità professionali e di studio rivolte alle fasce giovanili di riferimento”. In altre parole, l’Esercito promuove il militarismo e mira a creare le migliori condizioni per l’arruolamento di giovani leve.
Il tutto è aggravato dal tipo di rapporto che il protocollo delinea tra autorità scolastiche e militari: le funzioni di progettazione e valutazione delle attività vengono attribuite ai militari, cui dunque è assegnato il controllo effettivo del contenuto e dello svolgimento delle attività. Il tutto in nome di quella che il protocollo chiama “promozione della cultura della difesa“.
Non si può non notare come la presenza dell’Esercito nelle scuole italiane sia in aumento, con la precisa ed evidente finalità di rafforzare le attività di arruolamento.
Per intuire quale linea di tendenza inauguri un protocollo di questo genere, basta pensare alle attività di arruolamento che le forze armate degli Stati Uniti svolgono direttamente nei licei dei cinquanta Stati dell’Unione. Il protocollo siciliano non solo apre la via a quel modello, ma vi si avvicina fino a lambirlo.
Partigiane e partigiani della Costituzione repubblicana, scritta da donne e uomini che vollero sancire nel suo articolato il ripudio della guerra come principio perché la guerra avevano dovuto conoscerla e farla, seppure per il più nobile degli scopi che era quello della liberazione del paese dall’occupazione e dalla dittatura, alla cosiddetta “cultura della difesa” rivendicata dal Comando dell’Esercito in Sicilia noi contrapponiamo la cultura della pace. Quella cultura noi pretendiamo che si affermi anche nelle Forze Armate, che devono essere al servizio dell’affermazione e della difesa dei principi costituzionali.
Sappiamo bene che le cose stanno in modo radicalmente diverso: l’imperialismo italiano da decenni dispiega le truppe nei più diversi scenari di guerra per partecipare all’offesa sistematica contro la libertà degli altri popoli e alla rapina delle loro risorse. Dalla Somalia alla Serbia, dall’Afganistan all’Iraq, passando per tante altre regioni del mondo, l’Italia che tradisce sistematicamente la sua Costituzione è ovunque schierata dalla parte della guerra.
Ecco perché non possiamo accettare per nessuna ragione la presenza dei militari nelle nostre scuole.
Fuori l’Esercito dalle scuole!
No all’imperialismo e al militarismo al suo servizio!
Costruiamo e difendiamo la cultura della pace!