Le straordinarie energie mobilitate contro il coronavirus, le lotte di ieri e quelle che verranno

L’Italia sta affrontando coraggiosamente una crisi sanitaria senza precedenti nella storia recente. La curva del contagio, sebbene in leggera flessione dopo le misure di isolamento sul territorio nazionale, è ancora in salita. Decine di migliaia gli infettati, migliaia i morti. La solidarietà delle comuniste e dei comunisti ai contagiati e alle loro famiglie è assoluta. Naturalmente, la loro azione non si può limitare a questo.

Un certo tipo di retorica, anche a sinistra, vuole dipingere il nostro paese come in rotta, senza risorse e in preda al panico e all’irrazionalità. Noi crediamo che questa immagine sia falsa. Sebbene non si possa negare che anni di ideologia individualista abbiano profondamente deteriorato i legami delle nostre comunità, limitarsi a questa considerazione è un fatto altamente irresponsabile e superficiale. Infatti, non si può essere ciechi rispetto al fatto che questa terribile emergenza sta portando alla luce anche ciò che c’è di migliore del nostro popolo.

Un esempio sono tutti quei piccoli moti di spontanea solidarietà, dai biglietti negli androni per offrirsi di far la spesa ai soggetti più a rischio, alle canzoni e le grida sui balconi. L’umanità, in questi momenti, si scorge addirittura dagli sguardi di preoccupata empatia che ci si scambia da un marciapiede all’altro, di giorno, quando, carichi di spesa o portando il cane o assistendo un familiare, ci ritroviamo ad incrociarci.

Soprattutto, però, la parte migliore del nostro popolo sono le centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori che, in barba alla retorica del cosiddetto ‘smartworking’, si recano ancora sui luoghi di lavoro per mandare avanti la produzione. Giorno dopo giorno, questo pezzo di proletariato sta riscoprendo la centralità del proprio ruolo sociale. Anni di insulti e disprezzo nei loro confronti, di manovre economiche e politiche per ridurli in schiavitù: tutta questa impalcatura trema, ora che tutti ci dobbiamo ricordare che se le lavoratrici e i lavoratori incrociano le braccia, il mondo si ferma con loro. E così gli scioperi spontanei per chiedere sicurezza sono sempre più frequenti. È un vero e proprio processo di (ri)apprendimento: la classe operaia che torna dal paradiso.

Lo stesso, profondo rispetto suscitano le operatrici e gli operatori sanitari. Un esercito generoso che popola ospedali, presidi territoriali, domicili e cliniche private. Sono i più esposti al contagio e in migliaia già si sono ammalati. Hanno turni massacranti e in moltissimi casi non hanno le necessarie protezioni. Certo che, come in tutti i settori, anche nella sanità esistono gli approfittatori (quelli dalla mutua facile) che in questo momento rompono la solidarietà e restano a casa, soprattutto nel settore della sanità privata dove i vincoli dettati dall’erogazione di un servizio pubblico essenziale sono facilmente aggirabili. La stragrande maggioranza, però, è ferma al proprio posto, molto più del proprio orario e, con rischio crescente, continua a lavorare incessantemente per evitare il collasso del sistema sanitario. Per salvare vite umane. Chiedete a qualsiasi persona che conoscete che lavora in sanità e vi confermerà tutto.

Badate, non è vuota retorica quella che vogliamo fare. Crediamo sia centrale per le comuniste e i comunisti riconoscere questa parte vitale e dai tratti eroici, che altro non è che un pezzo di Italia e di classe lavoratrice. In loro vediamo chiaro un futuro progressivo per il nostro paese, un futuro che lotti per riportare al centro la sanità pubblica, il suo potenziamento e approfondimento. Al loro fianco sbaraglieremo gli alfieri della sanità privata, della ‘governance’ regionale e dello ‘stato minimo’. Perché questa tragedia non si ripeta in queste proporzioni, con loro metteremo in piedi una campagna di massa per un diritto alla salute sostanziale, democratico, pubblico. Tanto più che la pandemia del coronavirus ha semplicemente avuto “il merito” di portare ora sotto gli occhi di tutti, oltrepassando il muro dell’indifferenza e la faccia tosta degli speculatori, una emergenza che era tale già in tempi non sospetti (quella della carenza dei posti nelle terapie intensive) e una verità che non saremo più disposti a mettere in discussione: e cioè che il  sistema sanitario nazionale deve tornare a essere totalmente pubblico, senza se e senza ma, e pienamente supportato in quanto tale.

La prospettiva ce la indica l’emergenza e il ruolo che lo Stato non può esimersi dal giocare in questa tragica corsa contro il tempo. Il decreto-legge in materia di disposizioni urgenti per il potenziamento del Servizio Sanitario Nazionale è di strategica importanza.

Il DL ordina un allargamento della platea di operatori attraverso l’assunzione di nuovo personale, anche solo neolaureato. I contratti e le collaborazioni, si predispone, dovranno essere a tempo determinato in relazione alla attuale emergenza. Noi dobbiamo prepararci a combattere affinché, a fine emergenza, questa nuova leva rimanga negli ospedali, nei presidi territoriali e nelle ASL a tempo indeterminato! Dobbiamo fin da subito ricordare a gran voce che solo nell’ultimo decennio si è tagliato quasi il 10% del personale medico e hanno chiuso il 14.3% degli istituti di cura! Solo potenziando a tempo indeterminato la manodopera negli ospedali potremo garantire continuità al rafforzamento, che alcuni vorrebbero solo contingente, del Servizio Sanitario Nazionale!

Una criticità a parte su questo punto è stata sottolineata da vari sindacati: prendere i neolaureati ignorando così le graduatorie già esistenti, oltre che a favorire rapporti di lavoro non strutturati, prefigura pericolosamente una concezione ‘usa e getta’ del personale in prima linea contro il virus.

Il DL del 9 marzo prevede anche incentivi alla produzione di materiale medico. A dire il vero, gli incentivi si riducono ad un iter corto per l’acquisto del materiale da parte del sistema sanitario. Anche in questo caso, dobbiamo denunciare la logica privatistica che si cela dietro la politica degli ‘incentivi’. Lo stato o il pubblico, in questo senso, rinunciano ad intervenire direttamente nella produzione e distribuzione, limitandosi così a cercare di indirizzare ‘gentilmente’ l’iniziativa privata. Saremo al fianco dei medici, degli infermieri e di tutti gli operatori sanitari quando chiederanno a gran voce che si intervenga coraggiosamente per assicurare l’approvvigionamento di settori strategici come la sanità!

Il no alla limitazione di orari, che già vigeva nei fatti dall’inizio dell’emergenza (e in alcuni casi, ben da prima!), è un altro elemento del decreto-legge. In questo frangente, i sindacati chiedono indennità di orario e di rischio biologico, e hanno ragione! Ma il vero problema strutturale è, di nuovo, la progressiva riduzione dell’organico. Una tendenza che l’emergenza ribalta e che dobbiamo rivendicare per il futuro!

Per le comuniste e i comunisti, un ultimo punto di riflessione deve riguardare in particolare chi lavora nella sanità privata. Anni di ideologia anti-stato e anti-pubblico hanno trasformato il nostro Servizio Sanitario Nazionale in una complessa rete di enti pubblici e privati organizzati a vari livelli. L’emergenza scopre il cancro del profitto privato in sanità. Sono stati tutti responsabili: nel mondo della recente politica nazionale, da Monti a Renzi ai giorni nostri, nelle realtà regionali dai Formigoni ai Chiamparino, nel mondo dei sedicenti economisti e intellettuali da Cottarelli a Galli. E l’elenco e lungo ma guai a chi se ne dovesse dimenticare.

All’inizio, le porte delle strutture private sono rimaste chiuse. Gli amministratori delegati forse speravano di superare l’emergenza in punta di piedi. Poi, quando a loro malgrado (e con le corsie dei reparti pubblici stracolme) la gente ha iniziato a mormorare, hanno provato a salvare la faccia facendo voto di disponibilità. E tutti i media hanno titolato con ammirazione: “Anche la sanità privata pronta a fare la sua parte!”.

Sia ben chiara una cosa: non verrà mai il giorno in cui ci fideremo dei loro proclami. L’unico motivo per cui i padroni della sanità offrono le loro prestazioni è per non rischiare che la gente, una volta superata l’emergenza, li venga a stanare nelle loro ville con proverbiali torce e forconi!

A quale prezzo offriranno i loro letti i padroni della sanità,  sarà l’ennesima informazione da verificare. Nel frattempo, però, le porte delle strutture private si aprono, ed ecco che altre migliaia di operatrici e operatori sanitari sono generosamente pronti a fare il loro per contenere l’epidemia. Quali sono le loro condizioni? Sappiamo che, furbescamente, alle lavoratrici e lavoratori in strutture private e convenzionate non si applicano gli stessi contratti. Per esempio, per gli OSS il rinnovo del contratto è bloccato dal 2008. Dalla giungla di contratti di categoria e accordi regionali, di ticket per le regioni e per i cittadini, usciremo solo con un grande NO alla sanità privata, al lucro sulla pelle delle persone. Insieme alle lavoratrici e ai lavoratori delle strutture private, saremo quelli che combatteranno non solo per i rinnovi dei contratti di categoria, ma per una loro totale transizione in una sanità pubblica rinnovata!

Come Fronte Popolare, ci siamo impegnati a essere in prima linea per richiamare la centralità della responsabilità individuale nel porre un argine a questa tragedia collettiva. Abbiamo detto che questo è soprattutto il momento in cui lavorare per l’uscita più breve dalla crisi sanitaria. I nostri occhi, però, sono già puntati oltre questa tragedia e saremo i primi ad uscire di casa, per ricostruire, assieme al corpo vivo e generoso di questo paese, una realtà che sia di rottura con le politiche degli ultimi decenni.

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