Dichiarazione della Segreteria Centrale di Fronte Popolare
La notizia della sospensione di Jeremy Corbyn dal Partito laburista e l’infamia delle accuse di antisemitismo che motivano il provvedimento, sono per noi fonte di profonda indignazione. Assistiamo evidentemente a un’operazione concepita e concertata con lo scopo di macchiare indelebilmente la reputazione di un militante integerrimo della sinistra britannica e internazionale, con la finalità di delegittimare e marginalizzare un intero movimento politico.
Sappiamo qual è la colpa di cui si è macchiato Jeremy Corbyn: quella di aver dimostrato che la sinistra in lotta per il socialismo può porre la questione del potere e può ambire, costruendo organizzazione popolare e partecipazione, a guidare l’intera società su un cammino di profonde trasformazioni. Nei loro anni alla direzione del Partito laburista, Corbyn e il gruppo dirigente che gli si è raccolto intorno hanno indicato una via radicalmente alternativa a quella imposta tanto dal neoliberismo di marca statunitense e britannica quanto dall’ordoliberismo che domina l’Unione Europea: una via per l’applicazione di riforme di struttura capaci di alterare in profondità i rapporti di forza a favore delle lavoratrici e dei lavoratori, di affermare il principio del controllo pubblico sui settori fondamentali dell’economia e di progettare l’avvio di un processo di democratizzazione dei rapporti sociali.
Corbyn e il suo gruppo dirigente si sono schierati per le nazionalizzazioni, per i diritti, per salari degni e redistribuzione organizzata della ricchezza, per la difesa e il potenziamento dei servizi pubblici che garantiscono la vita, la libertà e la dignità della persona. Hanno difeso energicamente il ruolo delle organizzazioni di classe e progettato di dar loro una centralità e un protagonismo nuovi. E ancora, Corbyn ha osato rivendicare il proprio repubblicanesimo in un paese dove il diritto feudale è ancora in vigore, non ha fatto un passo indietro nel sostegno alla sinistra latinoamericana, alle lotte dei popoli oppressi, alla causa palestinese.
Aver trasformato tutto questo in una proposta di governo con ambizioni di vittoria in uno dei cuori pulsanti del capitalismo occidentale, nella prima piazza finanziaria del continente europeo, in uno dei perni fondanti dell’Alleanza atlantica e in una potenza nucleare dal sanguinoso passato coloniale: ecco il motivo per cui chi detiene il potere reale nella nostra società, i banchieri, gli speculatori, gli affaristi, gli arraffoni e gli strozzini che ci affamano, hanno decretato il linciaggio mediatico di Jeremy Corbyn.
È ancora ben vivo nella nostra memoria il ricordo dell’isteria da caccia alle streghe che ha segnato la campagna elettorale britannica dello scorso anno. Boris Johnson doveva vincere a ogni costo e a questo fine si sono mobilitati tutti i centri del potere costituito, dalla monarchia all’amministrazione Trump e alla Commissione europea. La menzogna ripugnante delle accuse di antisemitismo, scagliate contro chi ha dedicato la vita alla lotta contro ogni forma di razzismo in un paese i cui governi si sono orgogliosamente schierati per decenni a difesa dei più atroci regimi segregazionisti, è stata l’arma con cui i potentati e il loro apparato mediatico hanno scelto di affondare il colpo. Ed è evidente che intendono arrivare fino in fondo.
Con il provvedimento di sospensione, che rinfocola e rilancia l’atroce montatura, la nuova dirigenza normalizzatrice del Partito Laburista si unisce apertamente al linciaggio. Una vergogna in più, un ulteriore atto di vassallaggio alle classi dominanti, da parte di coloro che hanno macchiato il laburismo britannico con il sangue di criminali avventure di guerra e con l’immondizia della macelleria sociale condotta ai danni del loro stesso popolo.
Che mentre era in carica Corbyn non sia riuscito a trovare la via, in condizioni tanto difficili, per governare con successo le contraddizioni interne di un partito la cui burocrazia gli faceva apertamente la guerra, che ciò abbia a tratti appannato o reso confuso il suo messaggio di cambiamento, non fa venir meno la grandezza e la generosità del tentativo da lui incarnato.
Proprio qui sta il problema, per le classi dominanti: se un Corbyn ha potuto in passato candidarsi a governare il Regno Unito, ciò potrebbe tornare a ripetersi in futuro. E la memoria di chi cerca la via del cambiamento è ostinata. Quindi quella memoria va insudiciata, affinché non possa tornare a farsi proposta. Ed ecco spiegato perché, a dispetto della fine del suo periodo alla guida del partito, Corbyn deve scontare ancora la pubblica gogna.
Viene alla mente una frase pronunciata da Augusto Pinochet, sodale di Margareth Thatcher, riferendosi a Salvador Allende, tra le fonti d’ispirazione di Corbyn: “Se mata la perra y se acaba la leva”, ossia “si ammazza la cagna per eliminare la cucciolata”. Allora l’assassinio fu fisico, mentre oggi assistiamo a un tentativo di assassinio morale.
Di fronte a ciò, ascoltando i media italiani ripetere le odiose calunnie, non possiamo tacere. Nessuno che abbia anche solo un barlume di passione per la causa della giustizia dovrebbe. Riteniamo che una presa di posizione delle forze della sinistra del nostro paese sia necessaria e lanciamo un appello in questo senso. Questo sarebbe vero in qualunque caso, in qualunque luogo del mondo si consumasse lo scempio. Ma sta accadendo in Europa e, nelle condizioni in cui ci troviamo a operare oggi, noi siamo ben consapevoli che non esiste più una reale linea di demarcazione tra ciò che avviene nel resto del continente e il dibattito interno del nostro paese. Se ciò non fosse vero, la grancassa di regime nostrana non mostrerebbe sulla vicenda Corbyn l’accanimento che invece profonde generosamente.
Ecco perché con tutta la convinzione, con tutta la forza di cui siamo capaci, noi vogliamo far sentire alta e chiara la nostra voce: We stand with Jeremy! Noi stiamo con Jeremy!
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