“La rivoluzione passiva europea” – Iniziativa internazionale di FP

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SABATO 6 FEBBRAIO 2021 – ORE 15.30

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Introduzione:
Alberto Lacchia – Responsabile Europa della Segreteria di Fronte Popolare
Interventi:
Bruno Steri – Segreteria Nazionale del Partito Comunista Italiano
Sophie Rauszer – Segreteria Esecutiva del Parti de Gauche (Partito di Sinistra – Francia)
Yorgos Michailidis – Comitato Politico della NAR – Nuova Corrente di Sinistra – Per la Liberazione Comunista (Grecia)
Oz Karahan – Presidente dell’Unione dei Ciprioti
Ilke Bereketli e Hakan Güneş – Comitato Centrale e Commissione Internazionale, Partito dei Lavoratori di Turchia
Conclusioni:
Alessio Arena – Segretario Centrale Fronte Popolare
***

Lungi dall’essere un esperimento economicista mal riuscito, come vorrebbe la vulgata neokeynesiana, l’Unione Europea è al contrario un progetto eminentemente politico. La sua azione strategica rivoluziona la struttura economica per investire poi tutte le sovrastrutture. L’ordoliberismo di matrice tedesca fornisce all’Europa in costruzione il paradigma di un neocorporativismo inedito, molecolare e pervasivo.

Questa particolare conformazione della “costruzione europea”, che ne fa uno degli elementi principali di trasformazione degli equilibri del mondo contemporaneo, consente a nostro avviso di definirla gramscianamente come una forma inedita e sovranazionale di “rivoluzione passiva”: un processo di trasformazione profonda dello stato di cose, diretto dalle classi dominanti continentali e finalizzato a servirne gli interessi e a inquadrarne le aspirazioni in una prospettiva strategica di ampio respiro.

Nell’estate del 2019, quando il voto dell’Europarlamento sanzionò l’investitura di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione, denunciammo come l’assunzione della guida dell’esecutivo dell’Unione da parte della Germania, nella persona di un’ex componente del governo di Angela Merkel che è anche un’espressione senza ambiguità della fisionomia e delle ambizioni delle classi dominanti tedesche, fosse il preludio a un salto qualitativo, disciplinato e diretto dalla guida dell’imperialismo tedesco. Oggi di ciò si ha una plastica rappresentazione.

Mentre le classi lavoratrici del continente europeo sono travolte dal dramma collettivo del Covid 19 e della connessa crisi sociale, la pandemia si sta invece rivelando un elemento di accelerazione prezioso per gli obiettivi della rivoluzione passiva europea, che avanza a tappe forzate verso la costruzione di una nuova superpotenza imperialista con ambizioni egemoniche, incalzata dalla competizione internazionale.

Se in febbraio le istituzioni esecutive dell’UE avevano difficoltà a far approvare agli Stati membri un bilancio pluriennale 2021-2027 pari all’1,05% del PIL (fu allora che il pubblico del Vecchio Continente sentì parlare insistentemente del cosiddetto “asse dei frugali”), il 10 novembre scorso il Consiglio europeo ha varato un aumento vertiginoso delle risorse, ponendo le basi per un’autonomia fiscale dell’UE senza precedenti. In questo quadro si colloca anche il cosiddetto Next Generation EU, un vero e proprio strumento di ricostruzione da 750 miliardi di euro, studiato per stimolare una transizione qualitativa della macroeconomia europea (come si legge sul sito della Commissione, per una Europa “più verde, digitale, resiliente e adeguata alle sfide presenti e future”).

In questo contesto, l’invocazione esplicita di una “sovranità” europea da parte degli esponenti più in vista della Commissione von der Leyen e le sistematiche forzature per passare dal requisito dell’unanimità alla maggioranza qualificata nell’assunzione delle decisioni strategiche per il futuro dell’UE, già delineano il colpo di grazia alla sovranità dei ventisette. La vicenda dell’evoluzione del processo di ratifica dei trattati di libero commercio, tramite i quali Bruxelles costruisce le premesse della sua sfida egemonica, è in questo senso emblematica.

La nuova situazione prefigura tanto un’accelerazione a tutti i livelli delle trasformazioni all’interno dell’UE e dei ventisette paesi che la compongono, quanto un cambiamento nei rapporti con gli altri attori tanto sullo scenario mondiale (USA e Cina innanzitutto), quanto regionale (in primo luogo Russia e Turchia).

Le forze della sinistra all’interno dell’UE sono dunque chiamate a interrogarsi su come indicare alle classi popolari la via dell’indipendenza politica, dell’organizzazione e della lotta in condizioni nuove, creando spazi di confronto e condivisione tra soggetti di diversa tradizione ed esplorando forme d’interazione e azione comune più intense di quanto sia mai avvenuto in passato. Questo vale però anche al di fuori dei confini dell’Unione, in un mondo interconnesso come mai prima sia economicamente che culturalmente e socialmente: la rivoluzione passiva europea trasforma lo scenario internazionale e, conseguentemente, contribuisce a determinare lo scenario delle lotte sociali anche al di fuori dei suoi confini geografici.

La nostra conferenza online ha come obiettivo di offrire un contributo in questa direzione, mettendo a confronto e in contatto punti di vista ed esperienze di organizzazioni che lottano per il socialismo nell’UE e in seno ad alcuni tra i suoi principali interlocutori e competitori internazionali. Una riflessione necessariamente parziale ma, ci auguriamo, capace di contribuire a dotarci degli strumenti per interpretare la fase storica che si apre e saper agire nelle condizioni radicalmente nuove che in essa si determineranno.

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