La Giornata della Memoria, il ricordo delle vittime (ebrei, rom, oppositori politici, omosessuali, portatori di handicap e altri ancora) dello sterminio nazista, hanno un valore sacrale. Il 27 gennaio 1945, quando le truppe sovietiche liberarono il campo di sterminio di Auschwitz, insieme ai cancelli del lager aprirono anche uno squarcio da cui scrutare l’abisso spaventoso in cui può precipitare l’essere umano.
L’istituzione della Giornata della Memoria vuole essere la perpetuazione di quel monito. Lo espresse con chiarezza lo stesso segretario dell’ONU Ban Ki-Moon in occasione della seconda celebrazione della ricorrenza dopo la sua istituzione: “La Giornata internazionale in memoria delle vittime dell’Olocausto è quindi un giorno in cui dobbiamo riaffermare il nostro impegno a favore dei diritti umani. […] Dobbiamo anche andare oltre la memoria e fare in modo che le nuove generazioni conoscano questa storia. Dobbiamo applicare le lezioni dell’Olocausto al mondo di oggi”.
Non soltanto ricordo di quello che è stato, dunque, ma impegno attivo contro gli orrori del nostro tempo.
Noi quell’invito lo cogliamo alla lettera, perché siamo consapevoli che se nel 1933 milioni di cittadine e cittadini tedeschi (ma anche italiani, un decennio prima, e di altre nazionalità) avessero avuto ben radicata la coscienza che la soluzione dei loro problemi materiali non andava ricercata nella disumanizzazione dell’altro, Auschwitz non sarebbe esistito. E siamo altrettanto consapevoli che se i grandi gruppi industriali tedeschi e italiani, ma anche internazionali, non avessero visto nel nazismo e nel fascismo l’antidoto contro le rivendicazioni di giustizia sociale e dignità che avevano attraversato il primo dopoguerra, se non avessero riempito di soldi Hitler e Mussolini per portarli al potere, forse la Storia avrebbe preso una piega diversa.
Questa consapevolezza dobbiamo saperla far vivere nel nostro tempo, applicandola agli orrori che abbiamo sotto gli occhi, che si consumano nella nostra epoca e che possiamo contribuire a fermare o a scongiurare. Questo è il modo più alto di onorare la memoria delle vittime dello sterminio nazista.
Per questo motivo abbiamo scelto, tra tante, un’immagine emblematica della ferocia del mondo in cui viviamo. Alan Kurdi, un bambino di tre anni, stava fuggendo con la sua famiglia dalla guerra che dilaniava, che ancora oggi dilania la Siria, quando il 2 settembre 2015 il barcone su cui erano imbarcati si è capovolto al largo delle coste turche. È annegato prima ancora di aprire del tutto gli occhi alla vita.
La guerra in Siria, a sua volta un abisso di violenza spalancato nel nostro tempo dall’imperialismo e dalle mire geopolitiche dei potenti del mondo, è solo una delle innumerevoli che insanguinano l’epoca in cui viviamo. In molti casi, quelle guerre vengono combattute con armi prodotte nelle valli del bresciano e in altri distretti della nostra industria militare, perché l’Italia del 2021 è tra i maggiori esportatori di armi al mondo.
L’orrore delle stragi del mare, di cui Alan è stato una delle vittime, si consuma letteralmente a un passo dall’uscio delle nostre case. Ci basta allungare la mano oltre le nostre sponde più meridionali, verso le acque del Canale di Sicilia, per poterlo toccare. Possiamo contribuire a fermarlo, possiamo contribuire a salvare vite altrimenti destinate a essere inghiottite dall’orrore del nostro tempo. Ci pare appena il caso di notare che non sembriamo incamminati in quella direzione.
Siamo consapevoli di quanto l’immagine che abbiamo scelto di pubblicare sia dolorosa da guardare. Il perché lo esprime Pablo Neruda in Spiego alcune cose (1937), poema dedicato al martirio per mano nazifascista della Madrid che lo aveva adottato: “…per le strade il sangue dei bambini correva semplice, come sangue di bambini”.
Eccolo, dunque, il senso della nostra memoria. Eccolo il nostro impegno per i diritti umani, riassunto nei versi conclusivi di quello stesso poema:
Venite a vedere il sangue per le strade,
venite a vedere
il sangue per le strade,
venite a vedere il sangue
per le strade!