L’accordo raggiunto ieri tra governo e parti sociali rispetto allo sblocco dei licenziamenti è evidentemente del tutto insoddisfacente. Estensione del blocco per alcune categorie (tessile, moda, calzaturiero), un generico impegno delle organizzazioni padronali a dare priorità allo sfruttamento degli ammortizzatori sociali previsti rispetto ai licenziamenti, che però rimane una determinazione di principio che non vincola nessuno: davvero poco o nulla per giustificare esultanze e trionfalismi.
Non secondariamente, l’accordo autorizza un rilancio sulla questione delle pur necessarie “politiche attive del lavoro” da parte di alcune forze politiche che compongono la maggioranza (Forza Italia per prima): un insidioso cavallo di Troia per le lavoratrici e i lavoratori, perché la logica che c’è dietro è quella che mira a spostare l’ambito della tutela dal posto di lavoro da preservare al mercato in cui “riciclarsi” con l’aiuto, appunto, di politiche idonee. In sostanza, la lotta di tutti contro tutti mascherata da dinamizzazione del mercato del lavoro e imbellettata di retorica e paternalismo da destra economica.
Sullo sfondo, il grande processo di ristrutturazione economica e produttiva che già va delineandosi ai danni di tutte e tutti noi e a beneficio delle nuove filiere continentali del profitto, rispetto al quale i fondi del PNRR devono essere visti non come una salvezza, come in primo luogo le direzioni di CGIL-CISL-UIL si ostinano a presentarli, ma al contrario come un detonante e un moltiplicatore degli effetti.
Nella vicenda che ha condotto all’accordo di ieri, ciò che una volta di più colpisce è però, in primo luogo, l’ostinato rifiuto dei sindacati confederali d’intraprendere qualunque azione capace di alterare in favore di lavoratrici e lavoratori i rapporti di forza. Lo sciopero generale, che per primi abbiamo invocato insieme alle altre forze che compongono il Coordinamento Nazionale delle Sinistre d’Opposizione all’indomani dell’affermazione del diktat padronale contro la proroga del blocco dei licenziamenti proposta da Orlando, non è mai stato preso nemmeno in considerazione. Su tutto domina la mediazione neocorporativa al vertice, perfettamente secondo i dettami del modello di relazioni sindacali imposto dall’ideologia che guida la cosiddetta “costruzione europea”.
Nel complesso, la vicenda manifesta una volta di più i caratteri della lotta di classe nell’Italia di oggi: dominata dall’iniziativa del grande capitale, segnata dall’acquiescenza corporativa di CGIL-CISL-UIL, compressa dalle inadeguatezze strategiche dei settori conflittuali del movimento sindacale, male o per nulla interpretata in chiave di riconquista concreta di margini d’indipendenza delle classi lavoratrici per quello che attiene all’iniziativa della sinistra politica.
A fronte di tutto questo, rilanciare un’agenda di agitazione e di lotta ampia, autenticamente unitaria da sinistra tanto sul versante politico che su quello sindacale si fa più che mai urgente. A dispetto dell’accordicchio siglato ieri, lo sblocco dei licenziamenti si appresta ad aprire la strada a un dramma sociale difficilmente quantificabile. Con tutte le nostre forze e con tutta la volontà politica, noi ci siamo.