Dichiarazione dell’Assemblea Politica di Fronte Popolare
In merito alla gravissima acutizzazione della crisi in atto in Ucraina da otto anni, il cui ultimo, tragico atto è stato rappresentato dall’avvio, nelle prime ore del mattino del 24 febbraio, di un’operazione militare russa su larga scala entro i confini del paese, Fronte Popolare esprime le seguenti valutazioni:
1- La causa scatenante del precipitare di quest’ultima fase della crisi è consistita nella scelta del governo di Kiev di puntare su un nuovo coinvolgimento degli Stati Uniti d’America nelle negoziazioni in merito al conflitto apertosi nel Donbass a seguito del golpe ultranazionalista e manovrato dall’Occidente del maggio 2014. Tale scelta, dettata dalla ricerca delle forze nazionaliste ucraine che influenzano le mosse del presidente Zelensky, delle forme e delle vie per sottrarsi alla composizione d’interessi mediata da Germania e Francia tramite gli accordi di Minsk, ha costituito la premessa per un inevitabile e a oggi apparentemente inarrestabile aumento della tensione;
2- L’amministrazione Biden ha da subito puntato ad acuire le contraddizioni e ha attivamente lavorato per mettere il governo russo con le spalle al muro, sostenendo l’ipotesi di un ingresso dell’Ucraina nella NATO che rappresenterebbe una minaccia evidente alla sicurezza della Federazione Russa;
3- A un livello più profondo, le finalità dell’azione dell’amministrazione Biden sono da ricercarsi nell’intento di rilanciare il ruolo proprio e della NATO sullo scacchiere europeo, di colpire la concatenazione oggettiva d’interessi materiali che lega i soggetti attivi nella regione, di minare la politica autonoma di approvvigionamento energetico dell’Unione Europea e di favorire il dollaro sull’euro sui mercati valutari, in modo da rastrellare risorse con cui tamponare l’attuale spirale inflattiva in atto negli USA. Siamo dunque di fronte a un tassello della strategia di Washington per preservare e rafforzare la propria declinante egemonia: tale strategia va compresa, studiata e contrastata;
4- Il governo ucraino, ormai da otto anni impegnato in una guerra contro le popolazioni del Donbass segnata da continui bombardamenti e dalla violazione sistematica degli accordi di Minsk, armato fino ai denti dai suoi mandanti occidentali, ha dolosamente alimentato a sua volta le tensioni con Mosca allo scopo di garantirsi il consenso e rafforzare la presa sulla società dei settori reazionari, nazionalisti e di estrema destra all’origine del golpe del 2014;
5- Il tentativo di mediazione esercitato nelle ultime settimane dai più influenti governi dell’Unione Europea, a partire da quello tedesco e da quello francese, ma anche da quello italiano, è fallito per l’incapacità dell’imperialismo europeo occidentale di dispiegare un’adeguata capacità di deterrenza militare autonoma nella regione e per la sua impossibilità perdurante di emanciparsi pienamente dalle iniziative e dall’influenza statunitense, la quale ha nel dispiegamento di truppe sul suolo europeo una leva fondamentale. Da questa constatazione oggettiva scaturiscono due compiti per chi lotta per la pace nel nostro continente: da un lato rilanciare la lotta contro la NATO, denunciarne il ruolo di detonatore della crisi in atto, impedirne il rafforzamento e intensificare la lotta per il recesso dall’alleanza dei paesi che la compongono, nella prospettiva del suo definitivo scioglimento; dall’altro mobilitarsi contro l’ipotesi della corsa agli armamenti nel quadro dell’UE e del cosiddetto “esercito europeo”. Il futuro della pace nel nostro continente è nel rafforzamento degli strumenti politici e di sicurezza multilaterali, escludendo da essi gli USA e in un quadro strategico di dismissione delle armi di sterminio di massa, non nel sostituirsi di un’Europa potenza a Washington e nemmeno nella deterrenza nucleare russa;
6- La scelta della Russia di dare il via all’intervento militare in Ucraina, pur seguita alla ripetuta esplicitazione di richieste volte a evitare gli sviluppi poi verificatisi, mina indiscutibilmente il principio della legittimità dei confini e il diritto delle nazioni e degli Stati. Questi principi chiave della politica internazionale, antichi di cinquecento anni, di cui l’Europa è stata la culla come conseguenza di secoli di spargimenti di sangue, sono gli unici in grado di garantire i diritti delle nazioni più deboli in un mondo ostaggio dell’imperialismo e della violenza. Essi non rappresentano certamente il nostro orizzonte ideale, ma nelle condizioni date sono un irrinunciabile freno, ancorché monco, mutilato nella portata e ripetutamente calpestato dagli USA e dai loro alleati (Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, ecc.), all’arbitrio del più forte. L’impossibilità di mettere sullo stesso piano le ambizioni dell’imperialismo statunitense di perpetuare il proprio predominio a livello planetario – malgrado i ripetuti rovesci subiti, come da ultima la catastrofe afghana consumatasi l’estate scorsa – con l’affannosa rincorsa russa a garantirsi contro forze indiscutibilmente ostili, non vale a giustificare la violazione di tale principio. Per quanto ciò possa essere doloroso, in particolare pensando alla violenza esercitata dalle truppe di Kiev contro le popolazioni del Donbass, trasformare in prassi normalizzata l’intervento armato di grandi potenze militari, quale che ne sia la motivazione formale, entro i confini internazionalmente riconosciuti di altri Stati è oggettivamente pericoloso per la pace nel mondo. In questa prospettiva l’intervento militare russo in Ucraina, con l’inevitabile, drammatico spargimento di sangue civile, non può essere in nessun modo approvato, poiché sacrifica l’interesse generale delle nazioni e dei popoli e il valore della pace e della stabilità in Europa in nome d’interessi particolari che, a medio termine, non è neppure in grado di garantire;
7- La Federazione Russa è una potenza capitalistica la cui economia, profondamente arretrata, è fondata sulla rendita del commercio delle materie prime e dominata da una casta oligarchica brutale e corrotta. Il governo di Putin è espressione di questa configurazione strutturale e ne interpreta gli interessi nelle forme di un nazionalismo che celebra il mito del passato imperiale e si nutre, in uno Stato-continente popolato da decine di nazionalità non slave, di suggestioni retoriche panslaviste, dell’esaltazione dell’identità grande-russa e di un feroce anticomunismo. Le dichiarazioni di Putin contro la politica leninista sulle nazionalità ne sono state soltanto l’ultima manifestazione. Queste considerazioni non possono però influenzare la capacità di leggere in modo oggettivo i rapporti di forza su scala internazionale e d’inquadrare correttamente la Russia come bersaglio d’iniziative aggressive da parte di attori – in primo luogo gli USA – notevolmente più potenti e per questo spaventosamente più aggressivi. Comprendere tale situazione concreta e distinguere tra chi attacca e chi è attaccato è cosa altra e diversa dal cosiddetto “campismo”: significa adottare l’unica prospettiva utile per ricostruire una soggettività politica pienamente indipendente delle classi lavoratrici, capace di leggere i fenomeni internazionali nella loro complessità astenendosi da ogni tentazione aventiniana o moralista. Significa stare nel vivo delle contraddizioni di questo momento storico, da rivoluzionari;
8- In questo momento grave e carico di pericoli, il movimento per la pace nel nostro paese deve impegnarsi per esigere che gli atti del governo italiano siano coerenti con le necessità imposte dall’urgenza di tornare al dialogo. Occorre dunque, una volta di più, rigettare la pratica delle sanzioni economiche, rifiutare l’invio di armamenti e truppe italiane sul teatro della crisi e percorrere invece la via della composizione diplomatica, nel rispetto dei nostri principi costituzionali;
9- Nel suo attuale stadio, la crisi ucraina rappresenta una grave sconfitta per il movimento popolare internazionale contro la guerra. Non si può permettere che coloro che in Occidente sentono gli spaventosi pericoli della nostra epoca e cercano le vie per darvi risposta, si trovino scissi tra sostenitori della pace al prezzo di risultare oggettivamente conniventi con l’imperialismo occidentale e sostenitori delle ragioni della Russia al prezzo di votarsi al giustificazionismo delle politiche di un governo reazionario al servizio di una cricca di oligarchi dalle mani insanguinate, magari nobilitato tramite la definizione fantasiosa e priva di contenuto di “oggettivamente antimperialista”. Se vogliamo salvaguardare la pace, dobbiamo connetterne la difesa con un’idea generale del progresso umano e con una pratica internazionalista conseguente, capace di fare dei popoli, dell’opinione pubblica che odia gli spargimenti di sangue e la guerra, non più vittime passive e frastornate delle decisioni dei “grandi del mondo” e dei loro mandanti, ma un soggetto, una potenza attiva e indipendente nelle dinamiche storiche. Le esperienze della seconda metà del XX secolo ci hanno insegnato che ciò è possibile, ma anche che, nelle nuove condizioni di questa epoca dai caratteri senza precedenti nell’esperienza umana, possiamo e dobbiamo sapere andare oltre, creare forme nuove, far meglio che nel passato. Per questo obiettivo strategico s’impegna Fronte Popolare.