Sahra Wagenknecht: la Germania alla prova del coronavirus con una sanità pubblica carente e svenduta al profitto.

Nella giornata di ieri, il ministro della sanità tedesco Jens Spahn ha riconosciuto che anche la Germania si trova di fronte all’inizio di un’epidemia di coronavirus. Pubblichiamo una breve riflessione di Sahra Wagenknecht, dirigente di primissimo piano della sinistra tedesca, sulle condizioni in cui il servizio sanitario della Repubblica Federale si presenta alla prova della gestione di questa emergenza.

Malgrado il modello rappresentato dal nostro Servizio Sanitario Nazionale sia tuttora, nonostante decenni di delegittimazione e di tagli, più avanzato di quello tedesco, il lettore italiano troverà notevoli punti di contatto tra la situazione descritta da Sahra Wagenknecht e quella che viviamo in Italia. Questo perché il paradigma ordoliberista praticato dall’Unione Europea, che esalta il mercato e nasconde il culto del profitto sotto il camuffamento della “sensibilità sociale”, sta livellando verso il basso la situazione dei servizi sociali e delle tutele. E a farne le spese, in Italia come in Germania e in tutta l’UE, sono le classi popolari.

Nostro dovere è, di fronte a questa realtà, rilanciare un ciclo di lotte per una sanità pubblica, gratuita, universale e di qualità, finanziata tassando i capitali e le rendite e tagliando spese militari, esenzioni fiscali e privilegi di ogni sorta garantiti oggi ad azionisti e speculatori. Un ciclo di lotte che deve interessare l’Italia, ma che se vuole vincere si deve coordinare con altri fronti di conflitto a livello europeo.

Facciamo in modo che l’esperienza del coronavirus c’insegni qualcosa di utile! Difendiamo noi stessi!

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Dopo aver trascorso giorni a invitare alla tranquillità, il ministro della sanità Spahn ha ora ammesso che la Germania è all’inizio di un’epidemia. Le mascherine sanitarie sono esaurite in molti posti, al supermercato si vedono persone che fanno scorte di cibo in scatola. Ora sarebbe certamente irresponsabile scatenare il panico. Ciononostante, ci si deve chiedere se il nostro sistema sanitario, concepito in funzione degli affari e dei profitti, sia preparato per un peggioramento della situazione e se la prevenzione delle crisi stia funzionando nel nostro Paese. Ci sono motivi di preoccupazione: se la carenza di personale è diventata da tempo la norma in molti ospedali, uffici sanitari e pronto soccorso, cosa succede in caso di emergenza?

Quattro ospedali su cinque non riescono a trovare medici per coprire i posti vacanti. Per gli infermieri, la carenza di personale è ancora più drammatica. L’anno scorso un ospedale tedesco su tre ha dovuto ridurre i posti letto in terapia intensiva e cancellare le cure d’emergenza per i reparti specializzati. Anche in molti uffici sanitari c’è carenza di quel personale che sarebbe responsabile della prevenzione, della consulenza o anche di eventuali misure di quarantena. Soprattutto nelle comunità più povere, essi hanno da tempo problemi nello svolgimento dei loro normali compiti legali e per esempio nell’effettuazione dei necessari esami prescolastici.

Le autorità sanitarie sono attori chiave nel controllo del coronavirus: esse vengono informate dei casi sospetti, sono responsabili dell’adozione di misure e, per esempio, della ricerca di tutte le persone venute in contatto con i contagiati – in casi come quello di coloro che risultano positivi in Nordreno-Vestfalia, la conta può rapidamente salire a centinaia di persone. Come il signor Spahn possa dire, in considerazione di queste condizioni, che la Germania sia ben preparata per il coronavirus è per me incomprensibile.

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